Diabete e volo. Da sensori di monitoraggio della glicemia una nuova chance per migliorare le direttive sull’accesso alle professioni del volo.

Molte persone con diabete, in particolare insulino-trattato, non potranno mai realizzare il sogno di intraprendere una professione di volo o rinnovare la licenza.

Ad oggi, lavori come pilota di aereo, controllore di volo, hostess e steward ma anche semplicemente il volo sportivo sono vietati o fortemente limitati alle persone con diabete.

Gli esperti, in un documento di consenso appena pubblicato, analizzano i sistemi di monitoraggio della glicemia con sensori, ne confermano la superiorità rispetto ai sistemi tradizionali e concordano sulla necessità di rivedere e armonizzare i criteri per l’accesso alle professioni del volo.

– Oggi il diabete in trattamento insulinico non permette di accedere alle professioni di volo oppure può decretare la fine di una carriera di pilota già avviata. Ma, come afferma Felice Strollo, Vicepresidente dell’Associazione Italiana di Medicina Aeronautica e Spaziale (AIMAS) : “ Le persone con diabete ben compensato possono pilotare un aereo senza mettere a rischio la propria e altrui incolumità. Gli strumenti per l’automonitoraggio della glicemia ‘indossabili’, sensori sempre più piccoli e performanti, potrebbero consentire di riscrivere le regole per l’accesso delle persone con diabete alle professioni del volo .”

Sono queste le conclusioni del tavolo tecnico istituito dall’AIMAS con gli esperti dell’Associazione Medici diabetologi (AMD) e della Società Italiana di Diabetologia (SID) insieme alla sezione aeromedica dell’ENAC, l’Ente nazionale per l’Aviazione Civile, oltre all’Associazione Nazionale Italiana Atleti con Diabete (ANIAD). Il documento di consenso, pubblicato su Diabetes Research and Clinical Practice , la prestigiosa rivista dell’International Diabetes Federation, ha messo a fuoco gli aspetti regolatori, le principali criticità nell’accesso delle persone con diabete alle professioni del volo e le buone pratiche a livello internazionale e ha analizzato i vantaggi delle più recenti innovazioni tecnologiche nel monitoraggio glicemico.

“Il tavolo tecnico ha valutato 72 studi scientifici pubblicati tra il 1946 e il 2020 – dichiara Sandro Gentile dell’AMD – Gli esperti concordano sulla superiorità dei sistemi di monitoraggio della glicemia con sensori rispetto all’automonitoraggio mediante puntura del dito. Si tratta di device piccoli e sottili che, applicati alla pelle, consentono di rilevare in continuo il livello del glucosio. E questo 24 ore al giorno e 7 giorni alla settimana avvisando gli utenti quando i livelli diventano troppo alti o troppo bassi.”

Oggi sono disponibili due tipi di sistemi di monitoraggio continuo del glucosio: il CGM in tempo reale (real-time CGM, rtCGM) e il CGM a rilevazione intermittente detto anche monitoraggio ‘FLASH’ del glucosio (flash glucose monitoring, FGM) . Entrambi i sistemi forniscono informazioni riguardo ai livelli di glucosio attuali e pregressi, indicano l’andamento (la tendenza) e la velocità di variazione del livello di glucosio, fornendo così informazioni preziose per prevenire pericolosi sbalzi di glicemia.

“Sulla base delle evidenze scientifiche che abbiamo analizzato – dichiara Antonio Bellia della SID – esiste un ampio consenso sul fatto che questi dispositivi migliorano il compenso glicemico, riducono la durata di eventuali eventi ipo o iperglicemici e aumentano il tempo trascorso nell’intervallo stabilito (time in range). Si tratta di risultati molto importanti visto che la riduzione degli episodi di ipoglicemia e il controllo metabolico sono aspetti fondamentali per i piloti e gli equipaggi.”

Attualmente l’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile (ICAO) non permette alle persone con diabete insulino-trattate di ottenere il brevetto di volo commerciale, le autorità del Canada (TC) e degli Stati Uniti (FAA) prevedono una certificazione medica speciale per le licenze di prima, seconda e terza classe, l’EASA (ente regolatore europeo) nega sia l’accesso alla professione che il rinnovo della licenza per i piloti che hanno sviluppato un diabete insulino trattato. Il motivo è evidente: eventuali crisi ipoglicemiche potrebbero mettere a rischio la sicurezza di piloti e passeggeri.

Per i piloti con diabete in trattamento insulinico volare in sicurezza è possibile, ma solo attraverso un frequente monitoraggio glicemico, come stanno dimostrando diverse esperienze internazionali. Ad esempio, nel Regno Unito i piloti con diabete insulino-trattato possono volare seguendo uno stringente protocollo di monitoraggio. Nelle oltre 22 mila ore di volo effettuate dai 49 piloti inglesi con diabete che hanno seguito il protocollo, sono stati riportati valori glicemici anomali solo per lo 0,12% del tempo trascorso in volo, episodi che non hanno comportato per il pilota alcuna riduzione della capacità fisica. Ma il monitoraggio glicemico condotto con i metodi tradizionali richiede un uso frequente dei glucometri e la necessità di pungersi ripetutamente (anche 6-8 volte al giorno) e, per i piloti, è fondamentale rimanere concentrati durante il volo e non essere distratti da simili incombenze. I sistemi di monitoraggio del glucosio con sensori forniscono una soluzione al problema garantendo un flusso continuo di misurazioni ed eliminando al tempo stesso la necessità delle fastidiose punture sui polpastrelli per visualizzare i livelli del glucosio.

“Nelle persone con diabete insulino trattato – dichiara Antonello Furia, Responsabile della Sezione Aeromedica ENAC – queste tecnologie potrebbero migliorare l’efficienza lavorativa del personale di volo e di altre professioni critiche del mondo dell’aviazione. I tempi sono maturi affinché le autorità regolatorie europee e internazionali rivedano e armonizzino adeguatamente i requisiti medici per la certificazione e l’accesso dei diabetici alle professioni del volo. Gli imminenti voli dell’aviazione commerciale nello spazio suborbitale devono rappresentare fin da ora un’ulteriore sfida al fine di permettere in futuro ai piloti ed ai passeggeri diabetici insulino trattati di poter volare in sicurezza.”

Molto soddisfatto anche Marcello Grussu, Presidente dell’ANIAD , che ha dichiarato: “Siamo finalmente davanti ad una possibile soluzione di un problema che andiamo sollevando da quasi 10 anni, e che, laddove sarà concretamente resa possibile, determinerà un importante passo avanti nell’ottica di una piena e completa integrazione sociale delle persone con diabete. Un lavoro costante e coerente conduce sempre lontano”.

“L’innovazione tecnologica ha il potere di cambiare la vita. In Abbott siamo costantemente alla ricerca delle soluzioni più innovative e rivoluzionarie e le rendiamo accessibili a quante più persone possibili. – dichiara Massimiliano Bindi, Amministratore Delegato di Abbott Diabetes Care Italia – Sosteniamo pienamente questa iniziativa e gli sforzi compiuti dagli esperti del tavolo tecnico per creare maggiori possibilità per le persone con diabete.”

La celiachia può essere innescata da infezioni e alterazioni del microbiota?

Il possibile ruolo di infezioni virali o alterazioni del microbiota intestinale nell’insorgenza della malattia celiaca, in soggetti geneticamente predisposti, è stato ipotizzato da tempo. Una nuova ricerca fa il punto sul rapporto tra microbi e celiachia in base alle conoscenze attuali, derivanti da studi osservazionali che coinvolgono i pazienti celiaci.

I ricercatori hanno valutato 135 studi privilegiando quelli prospettici, che hanno potuto seguire l’evoluzione della malattia in un arco di tempo sufficientemente lungo e gli studi di coorte in cui erano disponibili, oltre ai sintomi riferiti, anche test diagnostici. Il quadro generale che emerge è quello di una possibile connessione tra agenti virali e batterici e lo sviluppo della malattia celiachia, un rapporto che però va studiato con più accuratezza per stabilire se siano le infezioni a innescare la sequenza che porta alla malattia o se sia la celiachia a rendere i soggetti più suscettibili alle infezioni.

Infezioni in gravidanza e nei primi anni di vita.

Le indagini condotte sui registri sanitari di diversi paesi europei (Svezia, Norvegia, Germania) mostrano un’incidenza più alta di celiachia tra i bambini che hanno avuto infezioni neonatali (gastrointestinali o respiratorie) annotate sui registri o segnalate dai genitori, ed anche una frequenza più alta della media di infezioni neonatali tra i soggetti celiaci.

Le infezioni materne durante la gravidanza non hanno invece mostrato una chiara associazione con il rischio di celiachia del bambino.

È possibile che una celiachia non diagnosticata renda più suscettibili a infezioni gastrointestinali, tuttavia, fanno notare gli autori di questa ricerca, la sovrapposizione dei sintomi tra celiachia e infezione gastrointestinale rende difficile stabilire se ci sia una relazione causale.

Fattori microbici specifici

Gli autori di questa nuova ricerca passano in rassegna diversi studi in cui direttamente o indirettamente sono stati raccolti dati sulle possibili associazioni tra alcuni virus o batteri e la celiachia.

Gli studi non sono facilmente comparabili, per quella che gli autori definiscono “una grande diversità nella metodologia e nel design.”

In estrema sintesi sono state riscontrate associazioni tra l’infezione da rotavirus e lo sviluppo della malattia celiaca. Inoltre, è stato verificato che la vaccinazione contro il rotavirus può ridurre il rischio di celiachia. Ci sono poi indizi per altri microbi tra cui Helicobacter pylori (quattro studi su 16), adenovirus (due studi su nove) ed enterovirus (due studi su sei).

Alterazioni del microbiota

Numerosi studi hanno cercato una possibile influenza delle alterazioni del microbiota intestinale sullo sviluppo della malattia celiaca. Tuttavia, la maggior parte di queste ricerche sono state condotte in modo che non è possibile stabilire se l’alterazione del microbiota sia all’origine della celiachia oppure l’inverso.

Sono stati identificati solo due studi caso-controllo prospettici su neonati con predisposizione genetica alla celiachia dei quali sono stati esaminati campioni di feci prima che si sviluppasse la malattia. È stata riscontrata una diversità nella flora batterica a 4 a 6 mesi rispetto ai controlli sani. Un altro studio di coorte non ha trovato associazioni significative tra la composizione del microbiota a 9 e 12 mesi e celiachia a 4 anni. Si tratta comunque di studi con pochi partecipanti (rispettivamente 10 e 9 casi) e con conclusioni divergenti.

Tra le difficoltà che ci sono nello studio delle differenze del microbiota di soggetti sani e celiaci c’è il fatto che le modificazioni della dieta influiscono sulla composizione del microbiota e le eventuali differenze tra celiaci e controlli sani possono essere spiegate dalla dieta invece che dalla malattia stessa.

Il possibile ruolo degli antibiotici

Gli antibiotici sono uno dei maggiori fattori di alterazione della composizione del microbiota intestinale. Gli studi sull’uso degli antibiotici in gravidanza e nella prima infanzia come possibile fattore di rischio per la celiachia hanno dato risultati contrastanti. Come spiegano gli autori la presenza di un’infezione che richiede l’uso di antibiotici può essere un fattore confondente, rendendo difficile stabilire se l’aumento del rischio di celiachia sia da attribuire agli antibiotici o all’infezione. Inoltre se la celiachia non diagnosticata è un fattore favorente le infezioni sarebbe proprio quest’ultima a causare l’uso di antibiotici.

Fonte

Diabete in Italia: trend in continua crescita da Nord a Sud

Negli ultimi venti anni, le persone con diabete in Italia aumentate in tutte le regioni, passando dal 3,8 per cento della popolazione al 5,8 per cento su scala nazionale; i livelli più elevati osservati ancora in Calabria, Sicilia e Campania.

La tendenza fotografata nella quattordicesima edizione dell’Italian Diabetes Barometer Report, realizzato da Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation, in collaborazione con Istat e Coresearch.

Il diabete è in continua crescita in tutti i paesi europei. Fra il 2008 e il 2014 il numero di cittadini europei con diabete è cresciuto di 4,6 milioni, ovvero del 28 per cento in sei anni, con una crescita 24 volte maggiore rispetto a quella della popolazione nello stesso periodo.  Questa crescita è evidente anche In Italia, dove Istat stima che dal 2000 al 2019 le persone con diabete siano aumentate di circa il 60 per cento, passando dal 3,8 per cento della popolazione al 5,8 per cento (ovvero oltre 3 milioni e mezzo di persone). Lo documenta la quattordicesima edizione dell’Italian Diabetes Barometer Report, che verrà presentata stasera durante il webinar patrocinato dal Ministero della Salute e dall’Intergruppo Parlamentare Obesità e Diabete “Il Diabete una malattia silente: l’impatto In Italia e nelle Regioni”.

Questo incremento è spiegabile con una pluralità di motivi, tra cui l’invecchiamento della popolazione, la sedentarietà, l’obesità e in generale la scarsa attenzione a stili di vita salutari hanno un notevole impatto. Anche i continui progressi nel contrasto alle malattie croniche, quali le migliorate capacità diagnostiche accompagnate a una diagnosi in età più giovane o la capacità del sistema di cura di allungare la sopravvivenza delle persone con diabete e relative complicanze contribuiscono a questa crescita.

“L’aumento della popolazione con diabete si riscontra in tutte le regioni d’Italia, ma gli incrementi non sono stati omogenei su tutto il territorio. In particolare, rispetto al 2000 le prevalenze standardizzate aumentano maggiormente nelle regioni del Nord e del Centro (escluso il Lazio), che partivano da livelli più bassi. Per il Mezzogiorno fa eccezione la Sicilia che passa dal 4,4 per cento nel 2000 al 6,9 per cento nel 2019. Le differenze regionali si mantengono particolarmente elevate nella popolazione anziana, oltre 15 punti percentuali la distanza tra Bolzano e la Calabria, dove la quota di anziani con diabete supera il 25 percento e il tasso di mortalità per diabete è superiore alla media nazionale”, dice Roberta CrialesiDirigente Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia, Istat.

Per quanto riguarda la mortalità, si conferma la tendenza a crescere passando dalle aree settentrionali a quelle meridionali del paese, con una certa variabilità in base alle province della stessa regione. Per esempio, in Piemonte i decessi per diabete rappresentano il 2,9 per cento dei decessi totali, una percentuale inferiore alla media nazionale che si attesta al 3,5 per cento, ma nella provincia di Vercelli il dato sale al 4,1 per cento, e in quella di Torino scende al 2,5. Analogamente, in Puglia, la cui media regionale è 4,6 per cento, si passa dal 5,6 di Taranto al 3,6 di Lecce.

“Questi dati indicano come ci sia ancora troppa disparità nell’accesso alle cure e ai trattamenti tra le varie Regioni italiane, ma anche tra le singole province di una stessa regione, finendo per fornire un quadro non accettabile all’interno di un Servizio Sanitario nazionale universalistico”, commenta Domenico Cucinotta, Coordinatore e Editor dell’Italian Diabetes Barometer Report. “Siamo convinti che la raccolta e la condivisione di informazioni, alla base del confronto e dei processi decisionali, possano contribuire a ridurre il peso clinico, sociale ed economico del diabete. Questo report prodotto dall’Italian Barometer Diabetes Observatory (IBDO) Foundation in collaborazione con ISTAT e CORESEARCH illustra una serie di dati e di passaggi chiave che possono contribuire ad affrontare con successo la crescita tumultuosa del diabete tipo 2, anche nel contesto dell’attuale gravissima crisi sanitaria globale e che, al contempo, possono avere un impatto di vasta portata sullo sviluppo complessivo delle malattie croniche”, aggiunge Renato Lauro, Presidente IBDO Foundation.

L’aumento della popolazione con diabete negli ultimi anni ha comportato ovviamente un aumento di spesa per il Sistema Sanitario, ma non per quanto riguarda il costo medio pro-capite. Infatti, secondo i dati dell’osservatorio ARNO diabete, il costo medio annuo nel 2018 (escludendo i costi per dispositivi, come strisce, siringhe, aghi, voce non presente nel 2010) ammonta a 2.735 euro, praticamente uguale a quello del 2010. Analizzando le componenti dei costi, si evidenzia un lieve aumento di quelli per la terapia del diabete (+78 euro) e per le prestazioni ambulatoriali (+94 euro) e un aumento più marcato dei costi per altri farmaci (+224 euro), mentre si sono ridotti in maniera importante i costi per le ospedalizzazioni (-417 euro). “Questi dati suggeriscono come un investimento nell’appropriatezza terapeutica e nell’assistenza specialistica ambulatoriale possano rappresentare la chiave di volta per ridurre gli ingenti costi delle ospedalizzazioni, a loro volta indice di complicanze del diabete. Solo il 9 per cento della spesa riguarda i farmaci antidiabete; il 31 per cento è legato alle terapie per le complicanze e le patologie concomitanti, mentre oltre il 40 per cento è relativo al ricovero ospedaliero”, spiega Antonio Nicolucci, Direttore CORESEARCH.                

Secondo quanto rilevato da uno studio condotto nel 2011 dalla London School of Economics, il costo medio per paziente in Italia risulta marcatamente più basso rispetto a Francia, Gran Bretagna e Germania, dove l’assistenza diabetologica è demandata principalmente alla medicina generale, contrariamente a quanto accade in Italia, dove è invece presente una rete diffusa di strutture specialistiche, in grado di fornire assistenza a oltre il 50 per cento dei pazienti con diabete nel nostro Paese.

“Il modello italiano di cura del diabete è uno dei più efficienti e grandi progressi sono stati fatti negli ultimi anni nella lotta a questa malattia cronica, ma molto ancora si può fare. Per esempio, bisognerebbe implementare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) sul diabete in modo che risultino semplici, condivisi ed efficaci, e che, soprattutto, facilitino il superamento delle barriere alla intensificazione terapeutica e favoriscano l’interazione della medicina del territorio con la rete specialistica diabetologica, per la quale l’Italia rappresenta un modello a livello internazionale per la presa in carico della persona con diabete”, dice Andrea LenziPresidente di Health City Institute e del Comitato per la biosicurezza e le biotecnologie della Presidenza del consiglio dei ministri.

“In questo anno segnato dalla pandemia è risultato ancora più evidente quanto sia importante avere accesso a dati confrontabili, consolidati e corretti per spiegare fenomeni complessi, in maniera tale da poter prendere decisioni conseguenti. Per questo motivo, l’Intergruppo parlamentare “Obesità e Diabete”, costituito in seno alla XVIII Legislatura quale spazio di dialogo e confronto parlamentare permanente e bipartisan sui temi dell’Obesità e del Diabete, sollecitando le Istituzioni governative a prendersi carico di questa malattia in maniera uniforme ed equa su tutto il territorio nazionale, saluta sempre con grande interesse documenti e analisi come quelle dell’IBDO Report”, afferma Daniela Sbrollini, Co-Presidente Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete.

“Dall’analisi effettuata dall’Istat e dell’Istituto Superiore di Sanità è emerso che nella prima fase della pandemia Covid-19, il 16 per cento dei casi di decessi di persone risultate positive riguardava persone con diabete. Per questo motivo, siamo molto soddisfatti di aver avuto un riscontro positivo dal Ministero della Salute, che ha inserito, nel piano vaccinale approvato dalla Conferenza Stato-Regioni lo scorso 9 febbraio, le persone con diabete e obesità, fragili e vulnerabili, tra i gruppi di cittadini da considerare prioritari per la vaccinazione contro il Sars-Cov-2, come richiesto dalle società scientifiche e dal mondo diabetologico”, aggiunge Roberto Pella, Co-Presidente Intergruppo parlamentare Obesità e Diabete.

“Il diabete è una malattia dal quadro morboso complesso, ed è riportato come causa iniziale in circa 23 mila decessi, ma è presente tra le malattie che hanno un ruolo nel determinare il decesso (concausa) in un numero di casi circa 4 volte più elevato (oltre 80 mila decessi). Già prima della diffusione del virus SARS-CoV-2, il diabete aveva un’associazione significativa anche con le malattie infettive e parassitarie: tra coloro che presentano menzione di diabete si rilevava infatti un eccesso del 10 per cento dei decessi”, spiega Gian Carlo Blangiardo, Presidente dell’Istat.

“L’organizzazione sanitaria e i decisori di politiche sanitarie non possono prescindere dalle informazioni epidemiologiche che a livello nazionale derivano da numerose fonti coordinate da istituzioni e società scientifiche, che forniscono aggiornamenti sullo stato attuale di numerosi aspetti correlati al diabete, come il numero di persone affette ma anche la loro qualità di vita, la gestione clinica, l’accesso alle strutture sanitarie, ai dispositivi medici, alle cure domiciliari, alle terapie”, conclude Silvio Brusaferro, Presidente Istituto Superiore di Sanità.

Ufficio stampa IBDO Foundation:
HealthCom Consulting

Diabete e vaccinazione anti-Covid: ecco le ragioni di una scelta necessaria e salva-vita.

Le persone con diabete sono tra le categorie a maggior rischio di esito infausto in caso di infezione da nuovo coronavirus, come dimostrano anche i risultati degli ultimissimi studi, uno inglese e uno francese, appena pubblicati sulla rivista Diabetologia. Il vaccino anti-COVID è dunque per loro un’arma fondamentale. I diabetologi esortano le persone con diabete a vaccinarsi senza indugio

Il COVID è un nemico importante per le persone con diabete. Per questo la Società Italiana di Diabetologia, insieme all’Associazione Medici Diabetologi e alla Società Italiana di Endocrinologia si sono fatte promotrici della richiesta di rendere prioritaria la vaccinazione anti-COVID per le persone con diabete. A ulteriore conferma di quanto il vaccino sia fondamentale per la popolazione diabetica, arrivano i risultati aggiornati dello studio CORONADO, pubblicati oggi su Diabetologia(la rivista della EuropeanAssociation for the Study of Diabetes, EASD) dai professoriBertrand CarioueSamyHadjadj, dell’Università di Nantes (Francia). I dati pubblicati a maggio evidenziavano che il 10% delle persone con diabete e COVID moriva entro la prima settimana di ricovero. La nuova analisi, effettuata su 2.796 partecipanti (arruolati presso 68 centri ospedalieri francesi), evidenzia che un paziente su 5, tra i diabetici ricoverati per COVID, muore entro 28 giorni dal ricovero. Una glicemia elevata al momento del ricovero si associa ad un aumentato rischio di morte.

“La pandemia di Covid-19 – afferma il professor Agostino Consoli, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) –continua a mietere vittime e le vittime sono certamente molto più numerose tra le persone già affette da altre patologie. Tra queste, purtroppo, vanno sicuramente incluse le persone con diabete. Questo traspare già dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo i quali il diabete mellito è presente nel 30% dei pazienti deceduti per COVID-19, una percentuale significativamente superiore rispetto alla prevalenza della malattia diabetica nella popolazione generale (In Italia, il 6,7 %). E recentissimi studi internazionali non fanno che confermare questo dato drammatico. Un lavoro inglese del dottor Andrew McGovern dell’Università di Exeter, appena pubblicato online su Diabetologia, dimostra che tra i soggetti affetti da COVID -19, il rischio di morte in un individuo di 50 anni con diabete è pari al rischio di morte di un soggetto di 66 anni senza diabete. Lo studio osservazionale francese CORONADO pubblicato oggi su Diabetologia riporta che su una coorte di pazienti diabetici ospedalizzati per Covid-19 ben 1 su 5 va incontro al decesso durante le prime 4 settimane di ricovero. Sono dati drammatici, che sottolineano ancora volta quanto sia fondamentale ed irrinunciabile, per tutti, ma in particolare per le persone con il diabete, prevenire il contagio e proteggersi con il vaccino”.

Al momento le uniche azioni efficaci per la protezione control’infezione da SARS Cov-2 sono il distanziamento sociale e la profilassi vaccinale. “Tutti i dati ad oggi disponibili – conclude Consoli – dimostrano che anche nelle persone con diabete la vaccinazione anti-SARS Cov 2 è efficace e sicura. E’ quindi necessarioche le persone affette da questa condizione si rendano conto di quanto sia fondamentale la protezione offerta dal vaccino e corrano a vaccinarsi appena questo sarà possibile nelle loro sedi. Questo sempre continuando a rispettare scrupolosamente nei comportamenti le norme di sicurezza generali necessarie per limitare la trasmissione del virus”.

Ufficio Stampa SID

Diabete. Nel 70% dei pazienti c’è un rischio molto alto di sviluppare un evento cardiovascolare.

Il dato nella nuova Monografia degli Annali dell’Associazione medici diabetologi che analizza la stratificazione della prevalenza del rischio cardio-vascolare nelle persone con diabete. Il presidente Di Bartolo: “superare l’inerzia terapeutica per intervenire efficacemente sulle fasce a rischio per una migliore gestione della patologia”.

Delle oltre 490 mila persone con diabete monitorate ogni anno nei Centri di diabetologia italiani, il 65% dei soggetti con diabete tipo 1 e più del 78% dei soggetti con diabete tipo 2 sono a rischio molto alto di sviluppare un evento cardio-vascolare. La causa è da ricercarsi in un sottoutilizzo dei farmaci antidiabetici con azione specifica nella prevenzione del rischio cardiovascolare, il cui impiego è raccomandato dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC).
 
Il dato è emerso dalla recente Monografia Annali dell’Associazione medici diabetologi (Amd) “Profili assistenziali nei soggetti con DM1 e DM2 in relazione al rischio cardiovascolare”. L’analisi ha evidenziato come solo il 10% dei soggetti con diabete di tipo 2 risulta in trattamento con gli inibitori SGLT2 e solo il 6% con i GLP1-RA. Di contro, il 70% dei pazienti è in trattamento con la metformina, oltre il 20% con un inibitore del DPP-IV e circa il 16% con le sulfaniluree, mostrando una certa resistenza rispetto all’utilizzo delle terapie innovative raccomandate come prima scelta di trattamento per i soggetti esposti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato.
La Monografia ha preso in esame le persone con diabete monitorate ogni anno nei 258 Centri di diabetologia italiani aderenti al database Annali Amd e ha valutato l’assistenza fornita sulla base dei livelli di intensità e appropriatezza farmacologica per il diabete e per i fattori di rischio cardiovascolare e della qualità di cura. L’analisi tiene conto delle Linee Guida ESC-EASD (European Association for the Study of Diabetes), che identificano tre fasce di rischio cardiovascolare – molto elevato, elevato e moderato – sulla base di specifiche caratteristiche, quali malattia aterosclerotica accertata, danno d’organo e fattori di rischio multipli.

“La fotografia scattata dall’analisi Amd evidenzia una non completa traduzione nella pratica clinica di ciò che dimostrano i risultati dei trial di sicurezza cardiovascolare. Solo una esigua percentuale delle persone con diabete a rischio molto elevato di danno cardiovascolare risulta in trattamento con un SGLT2-i (10%) e con un GLP1-RA (6%), classi di farmaci che hanno mostrato i maggiori benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare” commenta Basilio Pintaudi, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Amd Real World Evidence. “Sulla base del “Q Score” in grado di predire l’incidenza successiva di eventi cardiovascolari, l’analisi ha poi valutato la qualità di cura complessiva ed è emerso che ad una qualità di cura più bassa corrisponde un maggiore rischio cardiovascolare – conclude Pintaudi.

“Da oltre 10 anni l’iniziativa Annali Amd fornisce un quadro sui profili assistenziali delle persone con diabete di tipo 1 e 2 e sull’evoluzione della qualità dell’assistenza. Le previsioni ci dicono che le persone con diabete tenderanno ad aumentare e, complice il progressivo invecchiamento della popolazione, aumenterà il numero di pazienti a rischio cardiovascolare più elevato – dice Paolo Di Bartolo, Presidente Amd. “Si tratta di una sfida alla quale il nostro Ssn deve essere in grado di rispondere attraverso soluzioni strategiche costo-efficaci. È auspicabile – conclude – che la diabetologia italiana sia disposta a vincere l’inerzia terapeutica così da mettere in atto una pratica clinica più conforme a quanto le evidenze scientifiche dimostrano in modo non più equivocabile: le nuove terapie sono in grado di cambiare la storia del diabete, aiutando a tenere sotto controllo la malattia e scongiurare gravi complicanze”.

Fonte Quotidiano sanità

Il braccialetto salvavita AIDme per tutti i diabetici dell’associazione diabetici di Chioggia.

Un bracciale per salvare la vita ai diabetici di Chioggia. E’ l’importante progetto dell’Associazione dei diabetici del centro lagunare che sarà realizzato grazie al contributo dell’Assessorato Regionale della Sanità e dell’assistenza sociale (FINANZIAMENTO DI INIZIATIVE E PROGETTI A RILEVANZA REGIONALE PROMOSSI DA ORGANIZZAZIONI DI VOLONTARIATO E ASSOCIAZIONI DI PROMOZIONE SOCIALE), con la collaborazione dell’A.ULSS 3 Serenissima. Il progetto presentato dall’associazione diabetici di Chioggia “Salviamo la vita con un braccialetto” è stato approvato e con grande soddisfazione l’operato dei volontari dell’associazione, sempre attivi al servizio del paziente, nel 2021, sarà caratterizzato dallo sviluppo di questa nuova idea.

Oltre ad essere fragile perché affetta da malattia cronica, la persona con diabete è sempre più anziana e molto spesso ha bisogno del caregiver (ovvero la persona che dedica assistenza e quindi si occupa di lei). Non è facile per il caregiver, o per un famigliare che sta accanto al malato cronico ricordarsi la terapia, gli orari di somministrazione dell’insulina o più semplicemente quando si devono prendere le pastiglie. Attraverso una memoria contenuta nel bracciale sarà possibile prendere immediata visione di tutti i dati fondamentali per far fronte alle eventuali emergenze e quindi salvare la vita al paziente.

 “La necessità di avere i dati sempre con sé e che, in caso di bisogno, le persone che stanno vicino ai malati di  diabete, possano aiutarle nella gestione della loro malattia” secondo la presidente dell’associazione Maria Teresa Marangon, “è fondamentale. Diventa vitale avere un accessorio che con un piccolo gesto possa dare le informazioni sulle patologie di cui una persona è affetta, nel caso, per esempio di ipoglicemia inavvertita.  E proprio per questo motivo abbiamo pensato alla distribuzione di braccialetti salvavita che siano accessibili a tutti e facili da gestire nell’inserimento dei dati”

AIDme è un innovativo bracciale ipoallergenico e resistente all’acqua, che utilizza il TAG AIDNFC come metodo di trasmissione dati a chiunque abbia uno smartphone abilitato. Contiene tutte le informazioni medico-sanitarie relative alla persona che lo indossa e che la stessa ha deciso di inserire per renderli visibili, in caso di necessità, a chiunque avvicini il proprio dispositivo cellulare al logo che si trova sul bracciale, senza scaricare alcuna APP specifica. Il TAG AIDNFC consente di inserire i dati personali più rilevanti, le informazioni mediche e di emergenza, per la salute e la sicurezza delle persone, quali: patologie, terapie farmacologiche in uso, allergie, intolleranze farmacologiche e alimentari, gruppo sanguigno, consenso/diniego alla donazione di organi e midollo, nominativi e numeri telefonici da chiamare in caso d’emergenza, foto identificativa, dati optometrici, HRV e il risultato del test Covid-19.

Abbiamo pensato di distribuire il braccialetto a tutti i circa 3.000 pazienti che afferiscono al servizio di diabetologia accompagnandolo con l’educazione all’uso, la consegna di una brochure informativa  e, se si dovesse presentare la necessità, anche inserendo i dati, naturalmente con l’avvallo del paziente.

“Il diabete è una malattia silente e subdola che colpisce una grossa fetta della popolazione – dice il direttore generale dell’Ulss 3 Serenissima Giuseppe Dal Ben -. Avere al polso uno strumento salvavita come questo, capace di assorbire tante informazioni al suo interno, come gli orari e il dosaggio dell’insulina o gli avvisi per i farmaci che devono essere assunti durante il giorno, aiuta a prevenire molte delle emergenze tipiche per chi soffre di questa patologia, come gli attacchi ipoglicemici. Siamo felici, quindi, di contribuire alla buona riuscita del progetto ‘Salviamo la vita con un braccialetto’”. 

Tutti i volontari, educati dal medico alla preparazione del paziente e presenti a turni, al servizio di diabetologia, avranno il compito, durante la consegna del braccialetto di riprendere i punti importanti della gestione del diabete e dei fatti avversi che caratterizzano la vita con questa patologia, come gli episodi di ipoglicemia.

VACCINI ANTI SARS-COV-2 E DIABETE: PRIMI DATI CONFORTANTI.

La domanda è semplice: il vaccino funzionerà nei soggetti con diabete e iperglicemia? La domanda non è banale per due motivi. Il primo è che il paziente con diabete appartiene ad una categoria a rischio che in caso di sviluppo di polmonite da COVID-19 ha mostrato un doppio aumento del rischio di ricovero in un’unità di terapia intensiva e un triplo aumento del rischio di mortalità ospedaliera. Sarà quindi presumibilmente coinvolto precocemente nella campagne di vaccinazioni e potrebbe giovarsene maggiormente in termini di bilancio rischio beneficio. Il secondo è che non è scontato che la capacità di montare una risposta immunitaria valida dopo vaccinazione non sia influenzata dalla presenza di iperglicemia e diabete. Malattie o trattamenti che influenzino il funzionamento del sistema immunitario potrebbero modificare la capacità di risposta al vaccino. Il diabete e l’iperglicemia sono associati a modificazioni del sistema immunitario che possono riguardare anche la risposta anticorpale. Il DRI ha recentemente pubblicato che la risposta anticorpale nel paziente con diabete nei soggetti ospedalizzati con COVID-19 è sovrapponibile in termini di tempistica con quella dei soggetti non diabetici e associata a protezione in termini di mortalità. Ulteriori dati sono stati sottomessi per la pubblicazione inerenti la capacità protettiva della risposta e la sua durata. Questi dati nel loro insieme fanno ben sperare che anche la risposta anticorpale  in caso di vaccinazione non sia ostacolata dalla presenza del diabete. In questi giorni sono stati resi disponibili i dati di efficacia e di sicurezza di due vaccini, entrambi ad mRNA, sottoposti alla valutazione per approvazione da parte delle agenzie regolatorie come FDA ed EMA: BNT162b2 e mRNA-1273. Sono quindi disponibili i primi dati di sicurezza e di efficacia sulle popolazioni ad alto rischio che includono anche i soggetti con diabete.

Per il vaccino BNT162b2  il 7.8% (2940 su 37586) dei soggetti coinvolti presentava una condizione di diabete senza complicazioni croniche e lo 0.6% (169 su 37586) diabete con complicanze croniche. L’efficacia del vaccino su tutta la popolazione ha mostrato una protezione del 95% (90.3-97.6%) e valori equivalenti sono stati ottenuti nei soggetti con diabete (94.7%).

Per il vaccino mRNA-1273 il 9.7% (2858 su 27817) dei soggetti coinvolti presentava una condizione di diabete. L’efficacia del vaccino su tutta la popolazione ha mostrato una protezione del 94.5% (83.7-97.3%) e valori equivalenti sono stati ottenuti nei soggetti con diabete (100%).

Per entrambi i vaccini non si sono evidenziate problematiche di sicurezza specifiche nella popolazione dei soggetti con diabete.

Quali sono i limiti degli attuali dati? Seppur i primi dati sono molto confortanti bisognerà aspettare l’estensione della vaccinazione ad una numerosità maggiore di soggetti con diabete per avere risposte definitive. Inoltre, al momento mancano alcuni dati importanti sui soggetti con diabete reclutati quali ad esempio la stratificazione per fasce di età, il tipo di diabete, il tipo di terapia in atto, la durata della malattia, il compenso glicometabolico al momento della vaccinazione. Infine, come anche per i soggetti non diabetici, si ha a disposizione un tempo di osservazione ancora breve e dati per la popolazione pediatrica.

Al netto degli attuali limiti, i primi risultati sono molto confortanti e giustificano ancora di più l’inserimento della popolazione diabetica tra quelle che possano beneficiare della somministrazione del vaccino.

Il Diabetes Research Institute dell’Ospedale San Raffaele di Milano coglie l’occasione per ringraziare tutti coloro che danno  fiducia alla nostra ricerca sostenendola con iniziative di supporto e donazioni e ricorda che le conoscenze sulla malattia COVID-19 e le vaccinazioni per la sua prevenzione sono in continua evoluzione e le informazioni disponibili possono essere soggette a variazioni rilevanti nel tempo.

Fonte

Diabete: micropump senza catetere vince il premio Innovation of the Year 2020

  • Accu-Chek Solo, il nuovo dispositivo per la somministrazione in continuo di insulina di Roche Diabetes Care, è stato premiato ai Life Science Excellence Awards 2020 con il premio Innovation of the Year nella categoria Best Innovative Device.
  • La sua caratteristica modulare consente di cambiare le diverse componenti indipendentemente, evitando così gli sprechi di insulina e di materiale plastico e adattandosi ai diversi stili di vita delle persone con diabete

Accu-Chek Solo, la nuova micropump di Roche Diabetes Care, vince nella categoria Best Innovative Device il premio Innovation of the Year 2020. Organizzati da Sics -Società Italiana di comunicazione Scientifica e Sanitaria – e promossi da Popular Science, rivista di scienze e innovazione, i Life Science Excellence Awards hanno premiato per il secondo anno consecutivo i progetti di prevenzione, ricerca e advocacy, le molecole e le tecnologie dell’ambito biomedicale più innovative sviluppate nell’ultimo anno.

Alto 6,3 cm, largo 3,9 e profondo 1,4, Accu-Chek Solo associa una micropump senza catetere per la somministrazione sottocutanea in continuo di insulina con un dispositivo di controllo touch screen e tecnologia wireless Bluetooth che consente, inoltre, la determinazione della glicemia capillare e il calcolo del bolo.
La micropump è costituita da tre componenti: il supporto con l’ago cannula che si applica sulla cute, la base del microinfusore e il serbatoio per l’insulina che si innestano a loro volta sul supporto con un peso totale di 29 gr.
Il dispositivo premiato si contraddistingue, oltre che per le ridotte dimensioni, per la possibilità di scollegare e collegare il microinfusore senza dover rimuovere l’ago-cannula e di sostituire singolarmente e indipendentemente le diverse componenti, come il serbatoio di insulina. È anche eco-friendly: consente infatti di evitare gli sprechi di insulina e di materiale plastico, riducendo così il suo impatto ambientale.

«Le dimensioni ridotte, l’assenza di catetere e la maggiore modularità, che permette all’occorrenza di togliere e rimettere la micropump senza sprechi di insulina o di altri prodotti consumabili, aiutano i pazienti con diabete a superare alcune barriere pratiche e mentali dovute alla gestione del microinfusore nella vita di tutti i giorni» spiega Emanuele Bosi, Primario diabetologo dell’Ospedale San Raffaele e professore di Medicina Interna all’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. «Infatti, spesso le persone con diabete hanno difficoltà a integrare il microinfusore nella vita quotidiana, sia per il timore che il catetere si impigli, causando eventualmente anche la fuoriuscita della cannula dal sito di infusione, sia per la scarsa discrezione dovuta alla visibilità del dispositivo».

«La micropump senza catetere di Roche Diabetes Care si adatta ai diversi stili di vita delle persone con diabete» spiega Serena Ferrari, Marketing Director di Roche Diabetes Care Italy. «Questo è in linea con l’obiettivo della nostra azienda, che è quello di supportare i pazienti con diabete nel loro percorso, favorendo una sempre maggiore personalizzazione delle soluzioni offerte dai medici. Molti pazienti si sentono soli nell’affrontare una malattia così complessa e sapere che il nostro dispositivo, stando a un’indagine che abbiamo condotto, ha soddisfatto quasi l’80% delle persone con diabete e al 65% ha contribuito significativamente a migliorare la vita, ci gratifica e ci spinge ogni giorno a dare il massimo per portare un reale sollievo a queste persone».

Uffico stampa Healthcom Consulting

Covid: la soluzione di salute digitale in aiuto alle persone con diabete.

  1. “Roche Diabetes Care Platform” è la nuova soluzione di salute digitale che permette il monitoraggio delle persone con diabete a distanza e una relazione continuativa tra il medico e il paziente o il caregiver
  2. Consente al medico di avere a disposizione analisi avanzate e modelli all’interno del percorso terapeutico dei propri pazienti per un approccio più efficiente e personalizzato alla cura

È disponibile “Roche Diabetes Care Platform”, la soluzione di salute digitale che permette il monitoraggio delle persone con diabete a distanza e una relazione continuativa tra il medico e il paziente o il caregiver per garantire continuità assistenziale, indipendentemente dalla visita in presenza, attualmente non sempre possibile a causa della pandemia di Covid-19 in corso nel nostro Paese.

A partire dai dati ricevuti dai dispositivi medici per la misurazione della glicemia o dai microinfusori per insulina o ancora da applicazioni utilizzate dai pazienti per la gestione della malattia, come “mySugr”, la piattaforma elabora analisi avanzate e modelli all’interno del percorso terapeutico, fornendo così al medico un importante strumento per un approccio più efficiente e personalizzato alla cura della persona con diabete.

La piattaforma è una soluzione open, in grado di accogliere i dati da oltre 140 dispositivi e integra la funzione Remote Patient Monitoring, attraverso cui gli operatori sanitari possono registrare i propri pazienti all’interno di un programma di monitoraggio remoto dei pazienti, personalizzare la soluzione in base alle esigenze dei pazienti e ricevere allarmi o segnalazioni su eventuali anomalie dei dati ricevuti. In questo modo, il medico è sempre aggiornato sulla salute dei propri pazienti e può registrare delle osservazioni o comunicare direttamente aggiustamenti di terapia, tramite un servizio di messaggistica privato e sicuro.

In un contesto di riduzione, se non vera e propria sospensione, delle visite specialistiche e delle attività assistenziali ambulatoriali di routine per le persone con diabete, lo sviluppo della telemedicina assume un ruolo fondamentale, tanto che è una delle priorità individuata sia dal Ministero della Salute sia dalla Conferenza delle Regioni per garantire da un lato la continuità assistenziale e il follow-up dei pazienti durante l’emergenza e dall’altro come elemento strategico nella riorganizzazione dell’assistenza sanitaria, orientata a un rafforzamento della medicina territoriale e di prossimità. Questa indicazione è già esplicitamente presente sia nella progettualità per la salute che il Governo sta mettendo a punto per l’accesso al “Recovery Fund” sia nel “Decreto Rilancio” approvato nel luglio scorso.

Roche Diabetes Care è costantemente impegnata nel sostenere le persone con diabete e gli operatori sanitari ponendosi l’obiettivo di concretizzare una gestione integrata e personalizzata del diabete. Per questo, ma anche per continuare a garantire alle persone con diabete il supporto professionale di cui hanno bisogno in questo momento particolarmente delicato, riteniamo molto importante mettere a disposizione il servizio “Roche Diabetes Care Platform”. L’obiettivo è aiutare medici e pazienti a una gestione più efficiente della malattia ed evitare che alcuni pazienti smettano di seguire le indicazioni terapeutiche in assenza di visite specialistiche periodiche, con scarso controllo glicemico come risultato” spiega Rodrigo Diaz de Vivar, Amministratore Delegato di Roche Diabetes Care Italy. “Il controllo glicemico è essenziale per prevenire complicanze croniche, come malattie cardiovascolari, nefropatia, retinopatia. Recenti studi hanno evidenziato un tasso di mortalità maggiore per Covid-19 tra le persone con diabete scarsamente controllato, dato che rende ancora più importante in questo periodo trovare soluzioni per assicurare l’assistenza, visto che circa il 30 per cento dei decessi per Covid-19 ha riguardato persone con diabete”.

HealthCom Consulting

Si inaugura oggi il 28° congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia SID ‘ La SID in movimento’. Nonostante il Covid.

Un’edizione all’insegna di un grande fermento culturale e di importanti alleanze con tante società scientifiche, in primis con l’Associazione Medici Diabetologi AMD.

Sarà il primo congresso nella storia della Società Italiana di Diabetologia a tenersi in formato virtuale. Ma la SID non ha mai ‘chiuso per COVID’ e ha continuato a svolgere regolarmente le sue tante attività scientifiche e di formazione per tutto l’anno, sia in presenza che da remoto. E anche il 28° congresso nazionale SID offrirà dal 2 al 5 dicembre una serie di letture e di sessioni, sia live che registrate, di eccellente livello scientifico e di grande interesse per l’aggiornamento clinico.

“ Il biennio 2018-2020 della mia presidenza – ricorda il professor Francesco Purrello , presidente SID – è stato caratterizzato, tra l’altro, dal rafforzamento del ruolo della SID nell’ambito della formazione, una delle eccellenze della Società anche negli anni passati. Ma in questo biennio si è guardato maggiormente al coinvolgimento di altre componenti culturali dell’area medica, ad esempio la cardiologia, la nefrologia, l’epatologia. Questo perché, anche alla luce dei meccanismi d’azione di nuove classi di farmaci antidiabete, è risultato chiaro che il ruolo del diabetologo debba essere centrale anche in questi ambiti e che la collaborazione con gli altri specialisti di area medica deve essere realizzata sin dalle fasi iniziali della malattia, per prevenire le complicanze più pericolose del diabete, adesso che se ne ha la possibilità. Sempre di più quindi, con orgoglio del suo ruolo chiave, il diabetologo deve proporsi come partner indispensabile nella gestione di questi pazienti, anche in presenza di un buon controllo metabolico, sganciandosi definitivamente dal vecchio ruolo di ‘glicemologo’. Il tema del congresso, ‘la SID in movimento’, vuole anche descrivere questo movimento culturale di cui la Società si è fatta promotrice, e​ che sono sicuro sarà mantenuto e rafforzato nel prossimo futuro. Ringrazio tutto il Consiglio Direttivo e l’eccezionale staff della Società per avermi aiutato e supportato in questi 30 mesi”.

L’edizione 2020 presenta anche una grande novità: la rinnovata e rinsaldata sinergia con l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) che ha collaborato alla stesura del programma scientifico e partecipa fattivamente al congresso con una serie di sessioni congiunte AMD-SID in live streaming dedicate ai vari aspetti dell’argomento più gettonato dell’anno: ‘diabete e COVID’. Sempre in collaborazione con AMD, anche la sessione dedicata al prossimo aggiornamento delle linee guida per la gestione del diabete. “ Le tante attività sviluppate congiuntamente nel corso di questo impegnativo periodo – sottolinea Paolo Di Bartolo , presidente AMD – hanno sancito l’esistenza di una ‘unica’ diabetologia nazionale, della quale AMD e SID sono i motori, con vocazioni e attitudini forse in parte differenti, ma sempre sinergiche e complementari per l’obiettivo più rilevante, il miglioramento della qualità della cura”.

Ma le alleanze non si esauriscono qui; il congresso vedrà infatti la partecipazione di numerose società scientifiche , quali la Società Italiana di Cardiologia ( SIC ), la Società Italiana delle Scienze Motorie e Sportive ( SISMES ), la Società Italiana di Nefrologia ( SIN ), la Società Italiana di Endocrinologia ( SIE ),l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato ( AISF ) e la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità ( SIAMS ). Il leitmotiv di questa edizione, ‘La SID in movimento’ , sarà declinato ad altissimi livelli, a partire dalla lettura magistrale ‘ Cibo ed esercizio fisico come medicina: meccanismi metabolici e molecolari‘ affidata al professor Luigi Fontana (Università di Sidney), uno dei massimi esperti di longevità a livello mondiale. Sempre improntato al tema del movimento è un importante documento congiunto AMD-SID-SISMES sulla prescrizione dell’attività fisica nelle persone con diabete, che sarà presentato in una sessione apposita (sabato 5 dicembre).E ancora, il documento congiunto SID-SIC sulla gestione del rischio cardiovascolare nel diabete. Gli altri temi del congresso sono stati selezionati tra gli hot topics del momento in campo diabetologico: dagli effetti metabolici dell’immunoterapia oncologica, alle nuove strategie di somministrazione dei farmaci, dalla medicina di precisione nel diabete, al ruolo del microbioma, dalle nuove tecnologie applicate al diabete, dalle twincretine, all’immunoterapia nel diabete di tipo 1, alle omiche ed epiomiche nel diabete. Infine,

al termine del congresso, il professor Francesco Purrello che ha guidato la SID dal 2018 ad oggi, cederà il testimone al professor Agostino Consoli , che ricoprirà la carica di presidente della Società Scientifica per il prossimo biennio.

“ Non sarà facile – afferma il professor Agostino Consoli – eguagliare il lavoro del professor Purrello, cui va il profondo ringraziamento mio personale e della SID tutta, che nel momento forse più difficile per il Paese e per il suo Sistema Sanitario ha saputo far coraggiosamente progredire il lavoro della Società. La SID è rimasta vicino ai diabetologi aiutandoli a mantenere il loro elevato livello culturale e clinico e promuovendo una serie di iniziative che li aiutasse ad essere vicini alle persone con diabete, in questo momento così complicato per tutti, ma per i portatori di malattie croniche in particolare. Continueremo su questa strada, partendo da questo congresso, nuovo e diverso per tanti aspetti ma che, grazie ad un programma così eccellente e completo e grazie anche alla partecipazione di AMD, non potrà che essere un successo. Continueremo promuovendo ulteriormente il ruolo della SID come motore della ricerca sul diabete in Italia e come faro della formazione di eccellenza sulla malattia diabetica e sulle purtroppo numerose patologie ad essa collegate. Continueremo, in piena sintonia e sinergia con AMD, nella costruzione di una diabetologia sempre più eccellente e sempre più capace di mettere tutte le tecnologie innovative, da quelle informatiche a quelle bio- ingegneristiche a quelle farmacologiche, al servizio della razionalizzazione delle risorse, della efficienza dei percorsi di cura e, in definitiva, del benessere delle persone con diabete”.

Il professor Agostino Consoli è il nuovo presidente SID I punti salienti del suo programma di presidenza per il prossimo biennio.

Al termine del congresso nazionale 2020 della Società Italiana di Diabetologia (SID), il professor Agostino Consoli , ordinario di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti e responsabile della UOC Territoriale di Endocrinologia e Malattie Metaboliche della AUSL di Pescara prenderà le redini della società scientifica, diventando il presidente della SID per il biennio 2020- 2022. Queste, in sintesi, le linee programmatiche della sua presidenza.

Contribuire all’ulteriore crescita culturale e scientifica della diabetologia italiana. Lanciare una ‘ Quest for excellence ’. “La diabetologia italiana ha un livello culturale eccellente – afferma il professor Consoli – che bisogna tuttavia costantemente ed ulteriormente far crescere. Il diabetologo italiano deve continuare ad essere un medico a tutto tondo, deve trattare la persona con diabete e non solo la sua glicemia, deve rappresentare un punto di riferimento obbligato anche per gli altri specialisti che si occupano delle persone con diabete, con i quali dovrà istituire sempre più ampie collaborazioni”.

Favorire il processo di modernizzazione della diabetologia, ottimizzando lo sfruttamento delle tecnologie e favorendo la razionalizzazione dei percorsi e delle risorse. Secondo il presidente Consoli “il diabetologo deve essere in grado di sfruttare quotidianamente e in modo adeguato tutte le tecnologie informatiche, bio-ingegneristiche e farmacologiche a disposizione. Questo favorirà la razionalizzazione delle risorse. Il tempo del diabetologo sarà utilizzato al meglio se, a viaggiare, saranno più i dati che le persone. Per questo però dovrà sempre di più e meglio interagire in rete non solo con il paziente, ma anche con la medicina generale e gli altri specialisti, in maniera da fare da hub anche informatico per la persona con diabete. Sarà inoltre fondamentale potenziare sempre più quei processi di conservazione dei dati che consentano poi di analizzarli e valorizzarli al meglio, sulla scia di quello chela SID sta facendo con il database Darwin e con il progetto ARNO”.

E’ necessaria una sempre più ampia collaborazione con tutti gli stakeholder , diretti ed indiretti, che ruotano intorno al problema Diabete. “ In primis con l’Associazione Medici Diabetologi (AMD), società scientifica non più cugina, ma sorella, anzi, sorella siamese (dove va l’una, non può non andare l’altra) – ribadisce Consoli – e con la Società Italiana di Endocrinologia (SIE). Ma anche in strettissima collaborazione con Diabete Italia, con FAND e con le altre associazioni rappresentanti le persone con diabete ed il volontariato. Assoluta sinergia di intenti con la medicina generale, con la quale è necessario fare rete; puntiamo inoltre alla creazione di percorsi condivisi, sia clinici che formativi, con i colleghi di altre specialità (soprattutto cardiologi, nefrologi e gastroenterologi). Nella straordinaria scia della passata presidenza del professor Francesco Purrello, continueremo con un denso programma di formazione ed aggiornamento , cercando anche di concepire ed applicare forme di comunicazione e di trasmissione della conoscenza che siano ancor più efficaci ed efficienti e che vadano anche al di là di webinar e corsi ECM”.

Dare un ulteriore impulso alla ricerca . “E’ quanto cercheremo di fare – annuncia il neo-presidente – attraverso progetti quali il GOLDEN AGE e il database Darwin. Il Progetto GOLDEN-AGE, presentato dalla SID, si è aggiudicato un importante finanziamento di 1,4 milioni di euro, essendo risultato uno dei soli quattro vincitori (su oltre un centinaio di application ) del bando AIFA per la ricerca indipendente. ottenendo un contributo finanziario di 1,4 milioni di euro. Il progetto, che avrà una durata triennale, prevede un confronto intraclasse tra farmaci SGLT2 inibitori, in termini di efficacia e sicurezza negli anziani. Il principal investigator è il professor Angelo Avogaro ed il Comitato Scientifico è composto da Gian Paolo Fadini (co-principal investigator), Matteo Monami, Antonio Nicolucci, Sabrina Prudente, Giovanni Targher ed Itamar Raz (esperto internazionale) oltre ovviamente al sottoscritto. Lo studio parte adesso, avrà una durata triennale e coinvolgerà circa 30 centri di diabetologia italiani. Abbiamo inoltre previsto un aggiornamento e potenziamento del database DARWIN, partito due anni fa, che ha raccolto nel tempo una serie di dati clinici e farmacologici di pazienti diabetici, trattati presso decine di centri italiani. Questo database rappresenta una preziosa fonte di informazioni real world anche sul trattamento farmacologico e l’analisi dei dati in esso contenuti ha già prodotto una serie di pubblicazioni – conclude Consoli – abbiamo ovviamente intenzione di andare avanti su questa strada e sviluppare ulteriori realworld analyses , anche in collaborazione con partner istituzionali o privati”.

Ufficio Stampa SID

che sono sicuro sarà mantenuto e rafforzato nel prossimo futuro. Ringrazio tutto il Consiglio Direttivo e l’eccezionale staff della Società per avermi aiutato e supportato in questi 30 mesi”.