FAND-Associazione italiana diabetici accresce la propria forza di rappresentanza, con l’ingresso nella compagine associativa di AID-Associazione italiana per la difesa degli interessi dei diabetici e FDG-Federazione Nazionale Diabete Giovanile.
AID-Associazione italiana per la difesa degli interessi dei diabetici e FDG-Federazione Nazionale Diabete Giovanile ODV-ETS, due storiche sigle del terzo settore impegnate nella tutela delle persone con diabete, aderiscono a FAND-Associazione italiana diabetici ODV, organizzazione che già raccoglie oltre 120 associazioni sul territorio nazionale.
Fondata nel 1982 da Roberto Lombardi, considerato il padre della Legge 115/87 alla base del sistema italiano di prevenzione, cura e assistenza al diabete – ed eretta a Ente morale nel 1993 – FAND rappresenta e offre tutela sanitaria, morale, assistenziale, giuridica e sociale ai cittadini con diabete.
«Sin dalla sua nascita la nostra organizzazione ha ottenuto importanti risultati per le persone con diabete in Italia – spiega Emilio Augusto Benini, Presidente FAND -. Le norme della legge che tutela i diritti dei diabetici costituiscono una conquista civile e giuridica che ci è invidiata in tutto il mondo, come furono conquiste fondamentali il diritto per i bambini diabetici, figli di dipendenti dello Stato, a frequentare le colonie estive o l’esenzione dal ticket per i farmaci e i presìdi diagnostico-terapeutici o lo è la recentissima sentenza della Corte di Appello di Genova, destinata a fare giurisprudenza, in favore di una giovane diabetica cui era stata preclusa in maniera discriminatoria la carriera di capostazione. La nostra forza è sempre stata l’unità e la decisione di associazioni importanti come AID e FDG di aderire a FAND è, da questo punto di vista, paradigmatica».
«AID fu costituita, per volontà dei suoi padri fondatori, pazienti e loro diabetologi, nel 1952 allo scopo di tutelare e difendere i sacrosanti diritti degli stessi negli ambiti del sociale della sanità e del lavoro. Per molti anni abbiamo condiviso con FAND percorsi comuni, come anche il riconoscimento a Ente morale. Oggi le nostre strade si uniscono, per rafforzare l’impegno nella difesa degli interessi dei malati di diabete», dichiara Raffele Scalpone, Presidente AID.
Analoga motivazione è espressa da Giuseppe Boriello, Presidente FDG: «Dopo oltre 30 anni di continua e fraterna collaborazione e di percorsi condivisi a favore dei diabetici italiani di ogni età, l’adesione di FDG a FAND, già avviata dal compianto Antonio Cabras, è lo sbocco logico».
Alla luce del mutato quadro di assistenza diabetologica e dei relativi strumenti di monitoraggio, si rende indispensabile fornire una serie di indicazioni sul tema al fine di garantire l’uniforme applicazione delle norme di cui trattasi in ambito regionale e favorire la pratica sportiva nel soggetto diabetico.
In tale ottica, la Rete clinica regionale di Medicina dello Sport e dell’Esercizio ha elaborato una proposta di modifica ed aggiornamento della disciplina in esame.
La presente recepisce integralmente tale documento elaborato congiuntamente alle Società Scientifiche diabetologiche regionali (SID, AMD, SIEDP) e al Coordinamento Veneto delle Associazioni dei pazienti diabetici.
La presente circolare intende superare le precedenti indicazioni regionali in tema di abilitazione del paziente diabetico all’attività sportiva, racchiuse nella nota esplicativa n. 32652 del 20 luglio 1987, in considerazione dell’evoluzione clinico-scientifica in ambito di diabetologia avvenuta in questi anni.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che un adulto su 3 vive con il diabete, ma non sa di averlo. Ecco perchè una diagnosi precoce è fondamentale per prevenire il sorgere del diabete o quantomeno intervenire tempestivamente per ritardare l’aggravarsi della malattia.
Per un paziente diabetico conoscere meglio la malattia di cui è affetto, è molto importante, e un ruolo fondamentale nell’affrontare questa patologia lo gioca l’adozione di azioni di contenimento della malattia.
Ed è proprio quello che domenica 13 Novembre l‘Associazione Diabetici di Chioggia, durante la Giornata Mondiale del Diabete, ha cercato di fare con il punto informativo in piazza, dando priorità alla diffusione di un messaggio di sensibilizzazione sul diabete, e offrendo ai cittadini lo screening gratuito della glicemia.
L’iniziativa ha avuto un riscontro positivo, e su 250 persone che si sono sottoposte alla misurazione della glicemia, soltanto in una si è riscontrata una possibile patologia diabetica. Una percentuale molto bassa, visto che negli anni precedenti la percentuale di persone che presentava glicemie alterate e non sapeva di avere il diabete si aggirava attorno al 2%.
Nello stesso pomeriggio, un momento divertente, e allo stesso tempo mirato al tema del diabete, è stato offerto dalla Compagnia Teatrale locale “Pochi ma boni”, che si è esibita attraverso simpatiche rappresentazioni della quotidianità, ricordando a chi si fermava l’importanza della prevenzione.
Il 26 Settembre è partita l’avventura per il nuovo gruppo di cammino… un gruppo di persone si ritrova due volte a settimana per camminare assieme all’aria aperta,accompagnati da volontari…
Qual è l’intento di questo progetto? E’ quello di trasformare il gesto più naturale che esista, il camminare, in una sana abitudine, riconoscendolo come medicina per il trattamento e la prevenzione del diabete.
Camminare non è solo percorrere strada… camminare è una terapia, lo dicono gli esperti… Camminare è motivo di incontro e di condivisione di un obiettivo… Lo sanno bene i nostri partecipanti, che da tre settimane condividono questa esperienza, con un impegno costante che li rende un gruppo speciale… Giorno dopo giorno il gruppo condivide una camminata alternata ad esercizi semplici di ginnastica dolce e di yoga, proposti dalla nostra simpaticissima Istruttrice Marina.
Tra il gruppo, le istruttrici e i volontari, si è già creata una bellissima sintonia, che accompagna i partecipanti alla conquista di piccoli traguardi, incontro dopo incontro… quanti progressi in queste poche settimane di cammino! E per noi questo è il regalo più grande! Sorrisi ed entusiasmo! Grazie a tutti voi per rendere questi incontri ogni volta un po’ più speciali!
L’appuntamento è tutti i lunedì e mercoledì dalle ore 15.30 alle ore 16.30 per informazioni chiamare il numero 3312959823
Considerato che camminare con una certa costanza gioca un ruolo fondamentale anche in termini di prevenzione di numerose patologie, compreso il diabete, l’Associazione il 17ottobre c.a. ha pensato di far partire un secondo gruppo di cammino.
Le persone che hanno aderito sono persone che hanno scelto di “volersi bene”, ribellandosi alla pigrizia e aprendo le porte ad uno stile di vita attivo… Questo secondo gruppo seguirà un vero percorso di allenamento e, in modo naturale e con un minimo sforzo, seguirà un lavoro di prevenzione per diabete, malattie cardiovascolari e sovrappeso… Il progetto, che comprende 2 uscite settimanali all’aria aperta, combina camminata a ritmo moderato ad esercizi di tonificazione, stretching e yoga. Se poi all’esercizio fisico sommiamo un’alimentazione più sana e un nuovo atteggiamento mentale, positivo e consapevole, non potremmo più farne a meno! Buon cammino a tutti! L’appuntamento è tutti i lunedì e mercoledì dalle ore 17.00 alle ore 18.15 per informazioni chiamare il numero 3312959823
Si è concluso da poco il corso “io, persona che conta…“, un corso di formazione rivolto alle persone con Diabete di tipo 1, provenienti da tutte le parti d’Italia; anche noi, Associazione Fand Chioggia abbiamo voluto partecipare in maniera attiva a questo corso di formazione, importantissimo per il paziente affetto da Diabete.
È importante sottolineare quanto la nostra associazione abbia messo a disposizione in questi giorni: a cominciare dalle esenzioni a noi proposte per il trasporto e l’alloggio, che ci hanno permesso di vivere in continua sicurezza e serenità, all’interno della struttura nel centro congressi di Perugia.
Il corso prevedeva sia una formazione individuale, in quanto ognuno di noi dovrebbe saper gestire la propria malattia in maniera indipendente e autonoma; sia una formazione e un confronto all’interno di un gruppo di lavoro con esercizi ben strutturati.
Il metodo di lavoro si è concentrato soprattutto con un approccio teorico, pratico e operativo, per dare modo alle varie persone di non assimilare le varie nozioni, non solo a livello teorico, ma anche pratico, potendosi mettere in gioco nelle varie situazioni e poter essere d’esempio per gli altri.
È importante, nella vita di noi diabetici, avere una corretta alimentazione, formata efficacemente da una buona terapia nutrizionale, pertanto è importante sapere come strutturare una giusta dieta efficace alla terapia insulinica. In questi tre giorni di formazione, questa è stata solo la base solida per permettere la comprensione della “conta dei carboidrati”.
La conta dei carboidrati (CHO) è uno dei vari approcci utilizzati per la terapia medica nutrizionale del diabete nelle persone che hanno un trattamento insulinico.
Consiste nello sviluppare la capacità di conteggiare il quantitativo in grammi dei carboidrati consumati, in modo da poterne controllare la quantità assunta, e di poter quindi adattare la terapia insulinica alla quota di carboidrati che si vuole consumare ai pasti.
Molto spesso le persone con diabete non vengono sensibilizzate e formate abbastanza da poter proporre una terapia alimentare basata sulla conta dei carboidrati, questo perchè molto spesso il concetto “spaventa”. Molto spesso a questi metodi si associa un sovraccarico di lavoro, da eseguire e tenere a mente, soprattutto. Molto spesso si pensa a una sorta di “compiti per casa”, quindi un lavoro che spesso e volentieri si associa ad uno studio, ad una costante verifica e analisi di ciò che succede alla nostra glicemia, conoscenza su cosa potrebbe o non potrebbe influenzare la nostra curva glicemica, e infine una comprensione che renda concreto l’operare attraverso questo metodo terapico.
Bisogna pensare, però, a quali benefici potrebbe comportare l’utilizzo della terapia della conta dei cho, e cioè, attraverso l’attività svolta, che tutto ciò- potrebbe rendere la dieta alimentare più flessibile e renderci consapevoli di ciò che influenza in maniera determinante la nostra glicemia.
Il corso si è presentato ben strutturato, rispettando e dando la precedenza alla nozioni di base, come saper riconoscere gli alimenti contenenti i carboidrati, e andando piano piano verso quella che é la consapevolezza nel riconoscere quanti cho sono presenti negli alimenti della quotidianità. Molto importante sono stati i metodi di pesatura degli alimenti, necessari quando ci potremmo trovare un una situazione nuova ed estranea, lontani da casa, e non abbiamo a disposizione una bilancia, fondamentale per una corretta conta. Non meno importante è stata la lezione sull’utilizzo delle nuove piattaforme online e applicazioni che concernano in un calcolo molto più rapido è gestibile di quelli che sono gli alimenti che ci si presentano a tavola.
Insomma, un corso che ha avuto uno sguardo a 360°, indispensabile per il diabete che vive oggi, con la digitalizzazione e con le nuove terapie alimentari.
È doveroso ringraziare FAND Nazionale, in particolar modo la nostra DIABETICO GUIDA e vice presidentessa Fand Nazionale, Manuela Bertaggia, organizzatrice del I corso per la conta dei carboidrati assieme al suo gruppo di lavoro composto di gente preparata e con grande passione.
La giornata mondiale del diabete cade il 14 novembre di ogni anno, ed é stata istituita nel 1991 dall’IDF e dall’OMS in omaggio alla data di nascita di Frederick Banting che ha scoperto l’insulina nel 1922. Nel mese di novembre, in più di 60 paesi del mondo, si svolgono campagne di sensibilizzazione e prevenzione, dove vengono coinvolte associazioni di volontari, medici, infermieri e pazienti, proprio per far capire alla popolazione quanto importante sia la conoscenza per prevenire, diagnosticare tempestivamente e gestire al meglio questa malattia, che sta diventando una vera e propria pandemia. Il blu é il colore scelto, a livello internazionale, come simbolo della GMD e, in questa giornata, si illuminano di blu ospedali e monumenti in moltissime città del mondo.
Municipio di Chioggia
L’Associazione diabetici di Chioggia ha richiesto l’illuminazione di blu, nelle giornate 12, 13 e 14 novembre, dello storico Palazzo Comunale del nostro antico borgo chioggiotto. Sabato 13 novembre, dalle ore 7.30 alle ore 13.00, davanti al Palazzo Comunale in Corso del Popolo, è stato allestito un gazebo sia informativo, con la consegna di opuscoli, che di screening glicemico gratuito a tutta la popolazione. Sono state eseguite 225 glicemie e rilevate 10 persone con glicemia alta che non sapevano di averla. Questo a conferma di quanto sia il sommerso nella patologia diabetica, malattia alquanto subdola che spesso viene diagnosticata quando già le complicanze sono arrivate.
Si è svolto stamattina, in occasione della Diabetic Foot Awareness Week, l’incontro di presentazione del reparto, aperto nel 2003 e diventato un punto di riferimento regionale e nazionale.
Dalla sua apertura, nel 2003, il Centro per il Piede Diabetico del Policlinico Abano Terme si è preso cura di 15 mila pazienti. Il reparto, l’unico in Italia dotato di posti letto dedicati, eroga oltre 10 mila prestazioni l’anno tra visite e medicazioni ed effettua una media di 800 ricoveri. Sono questi alcuni dei dati evidenziati oggi durante la conferenza stampa svoltasi nella struttura sanitaria veneta in occasione della Diabetic Foot Awareness Week, promossa da D-Foot International (www.d-foot.org) per sensibilizzare la popolazione sull’offerta di servizi disponibili per la cura di questa complicanza della malattia diabetica. La significativa casistica, la presa in carico caratterizzata da un approccio multidisciplinare e la una corposa produzione di letteratura medico-scientifica hanno reso questo centro, nel tempo, un punto di riferimento regionale e nazionale.
Il bilancio dell’attività è stato presentato da Antonio Petruzzi, amministratore delegato del Policlinico Abano Terme, e da Enrico Brocco, direttore del Centro per il Piede Diabetico. All’incontro sono intervenuti anche Manuela Bertaggia, coordinatrice delle associazioni di pazienti diabetici del Veneto e vicepresidente della FAND – Associazione Italiana Diabetici, Maria Marangon, presidente dell’Associazione Diabetici di Chioggia, e Federico Barbierato, sindaco di Abano Terme.
Lo staff
“Il nostro Centro – ha sottolineato Antonio Petruzzi, amministratore delegato del Policlinico – offre un percorso di cure completo e una presa in carico multidisciplinare per il paziente affetto da piede diabetico in grado di trattare i casi più complessi, tanto che da anni rappresenta un punto di riferimento a livello regionale e nazionale. Vanta un’attività che ha consentito di pubblicare studi e articoli sulle più prestigiose riviste scientifiche nazionali e internazionali. Il Centro, inoltre, non ha mai smesso di lavorare neanche nel periodo più difficile della pandemia seguendo i pazienti e offrendo loro senza interruzione tutto il nostro know-how clinico, tecnologico e assistenziale”.
Il Centro nel dettaglio
Il reparto della struttura sanitaria di piazza Cristoforo Colombo è situato al piano terra e occupa l’intera area Blu, con ingresso dal varco 3, in modo da poter assicurare ai pazienti, spesso costretti in sedia a rotelle o in barella, un accesso senza ostacoli. Il Centro è dotato di ambulatori e di una sala operatoria. Inoltre, la sezione di Radiologia Interventistica dispone di due sale angiografiche dove vengono eseguite le rivascolarizzazioni endovascolari. Una delle due sale è ibrida, adatta cioè alle rivascolarizzazioni contemporanee chirurgica ed endovascolare qualora siano necessarie. La dotazione strumentale diagnostica, inoltre, è costituita da un ecografo con sonde vascolari e da due ossimetri transcutanei per misurare la saturazione di ossigeno a livello del piede.
Infine, l’équipe dell’unità operativa è costituita da 6 medici, 2 podologi, 2 responsabili infermieristici e gruppi infermieristici dedicati sia al reparto degenze che all’ambulatorio. Vi lavorano, in particolare, medici diabetologi o internisti con abilità chirurgiche, radiologi interventisti, ortopedici, podologi, infermieri e tecnici ortopedici. Il centro si avvale anche della consulenza di specialisti chirurghi vascolari, radiologi, infettivologi e nefrologi.
“Quello del Policlinico Abano è un servizio di eccellenza del nostro territorio – ha dichiarato Federico Barbierato, sindaco di Abano Terme -, che evidenzia, numeri alla mano, l’impegno del Policlinico e dei suoi operatori per offrire le migliori cure alle persone affette da piede diabetico. E’ importante metterne in evidenza l’attività e creare sinergie con le istituzioni e le associazioni di riferimento. Un modo, questo, per orientare al meglio chi ne ha bisogno e i care-giver e dare risposte in termini di salute e presa in carico ai più alti livelli”.
Visita angiografia
La patologia
Il diabete è una delle malattie croniche più diffuse nei paesi industrializzati e può causare neuropatia periferica, con perdita di sensibilità al dolore e al calore, e complicanze vascolari agli arti inferiori (arteriopatia diabetica) che, se non curate adeguatamente, nel 15% dei pazienti possono dare origine a ulcere e lesioni della cute a rischio d’infezione. Il paziente deve dunque essere preso in carico precocemente, fin dall’esordio dei primi problemi, in quanto nei casi più gravi si può arrivare anche all’amputazione del piede e della gamba.
“Alla base della patologia – spiega il dottor Brocco – vi è la neuropatia sensitivo-motoria che causa insensibilità della cute dei piedi, alterando così i meccanismi di difesa contro i traumi, e atrofia dei muscoli con il risultato di modificare la forma dei piedi, creando aree di conflitto con il suolo e con le calzature”. Su tali aree solitamente si sviluppano ipercheratosi, che sono meccanismi cutanei di difesa, che, se non vengono rimosse, portano alla lesione della cute.
“L’eventuale presenza di ischemia critica – aggiunge lo specialista -, cioè di una riduzione di afflusso sanguigno causata dall’occlusione di un’arteria, impedisce una rapida guarigione e favorisce l’insorgenza di infezioni. In tal modo, da una lesione si rischia frequentemente di passare alla gangrena, ovvero una necrosi dei tessuti, con conseguenza gravi per il piede e talora per il paziente. Negli anni abbiamo trattato più di 15mila soggetti diabetici e l’analisi degli indicatori di risultato evidenzia che l’arto è stato salvato nel 95% dei casi, una percentuale che ci pone tra i primi centri in Italia”. Da ricordare, inoltre, che nei pazienti amputati, l’aspettativa di vita non supera i 5 anni.
Il fattore “tempo”
Per prevenire le conseguenze più invalidanti, è fondamentale poter valutare le lesioni nella loro fase precoce, in modo da mettere in atto il prima possibile gli interventi di correzione dei fattori di rischio.
La prevenzione primaria mira a rimuovere quelle che sono le condizioni pre-ulcerative prima che si formino lesioni o una volta che, curata una lesione, il paziente torni a deambulare. Ciò avviene nell’Ambulatorio di Podologia in cui vengono ispezionati i piedi, identificate e rimosse ipercheratosi o patologie ungueali, valutata la circolazione mediante esame obiettivo e tecniche strumentali.
“Qualora, invece, il paziente giunga alla nostra attenzione con una lesione o uno stato di patologia più avanzato già in atto – spiega il direttore del Centro -, si agisce procedendo alla diagnosi, all’identificazione delle condizioni patologiche in atto, ad esempio ischemia o infezione, intervenendo con la necessaria sollecitudine se non con urgenza già in ambulatorio con piccoli interventi di drenaggio delle infezioni, in attesa di poter ricoverare il paziente”.
Il ricovero
Nei casi più complessi è necessario il ricovero. Il Centro del Policlinico Abano Terme è l’unico in Italia che dispone di posti letto dedicati, che sono in totale 20. Una volta ricoverato, il paziente, a seconda delle necessità, viene sottoposto a trattamenti vascolari, chirurgici o farmacologici.
Si procede, infatti, con la rivascolarizzazione dell’arto malato qualora venga diagnosticata una situazione di stenosi o occlusione delle arterie. “Il radiologo interventista, mediante l’uso di particolari strumenti endovascolari, agisce all’interno delle arterie, le ripulisce e ripristina il lume arterioso. E’ importante sottolineare che oggigiorno si può, grazie alla disponibilità di strumentazioni all’avanguardia, e si deve cercare di arrivare a riaprire i vasi arteriosi fino al piede”, spiega il dottor Brocco.
La chirurgia si utilizza sia in caso di infezione – si suole dire “il bisturi è il miglior antibiotico” -, quando vi sono lesioni, quando è coinvolto l’osso sottostante, se vi sono deformità del piede e nelle fasi post-acute (chirurgia ricostruttiva).
Sia in fase acuta che in fase di prevenzione primaria e secondaria risulta fondamentale lo scarico delle lesioni, delle sedi di intervento o delle pressioni plantari. Ciò si può ottenere mediante tutori, calzature da medicazione, plantari da fase acuta o calzature predisposte o su misura con ortesi plantari su calco e la collaborazione stretta con il tecnico ortopedico risulta necessaria.
L’accesso al Centro
Il paziente può essere inviato dal diabetologo di fiducia o dal Medico di Medicina Generale o può prenotare tramite Cup. Il paziente, in caso di problemi all’arto, può fare un accesso diretto al Pronto Soccorso grazie a un Fast Track diagnostico-terapeutico che prevede la presa in carico diretta da parte dell’Ambulatorio e l’esecuzione di tutti i controlli del caso oltre che di un eventuale ricovero.
Lo studio, firmato dai ricercatori della Fondazione Policlinico Gemelli Irccs – Università Cattolica, dimostra che solo i pazienti che hanno un’alterazione nella prima fase di secrezione insulinica (pazienti con cellule ‘tartaruga’), vanno incontro alla comparsa di diabete di tipo 2. Chi ha invece cellule produttrici di insulina ‘lepre’, anche dopo l’asportazione di metà pancreas, non diventa diabetico. Questa ricerca ha permesso di individuare un difetto ‘chiave’ per lo sviluppo del diabete di tipo 2, ora pubblicato sulJournal of Clinical Investigation.
Seguire da vicino la traiettoria del diabete di tipo 2, per comprendere quale sia il fattore ‘X’ alla base della sua comparsa, è un filone di ricerca di non poco conto, alla luce dei 700 milioni di persone affette da questa condizione nel mondo. Per questo suscita attenzione uno studio pubblicato su Journal of Clinical Investigation (JCI) realizzato grazie alla collaborazione tra il gruppo del professor Andrea Giaccari, Responsabile del Centro per le Malattie Endocrine e Metaboliche Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e professore associato di Endocrinologia, Università Cattolica, campus di Roma, e quello del professor Sergio Alfieri, Direttore del Centro Chirurgico del Pancreas della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e Ordinario di Chirurgia Generale all’Università Cattolica.
La ricerca ha consentito di dimostrare che per lo sviluppo del diabete di tipo 2 è molto più importante una cattiva funzionalità delle cellule beta del pancreas (quelle che producono insulina), che non un’improvvisa riduzione del loro numero, come quella che si determina a seguito di un intervento di rimozione parziale del pancreas (pancreasectomia parziale), che dimezza il patrimonio di cellule beta. E la disfunzione che può determinare la comparsa di diabete è una rallentata secrezione di insulina in risposta all’aumento della glicemia da parte di cellule beta ‘tartaruga’, quella che gli esperti chiamano alterazione della prima fase di secrezione insulinica. “Nella storia naturale della comparsa del diabete di tipo 2 – spiega in una nota il primo autore, la dottoressa Teresa Mezza, ricercatrice in Endocrinologia, UOC Endocrinologia e Diabetologia del Gemelli diretta dal professor Alfredo Pontecorvi – insulino-resistenza e deficit di secrezione di insulina si modificano continuamente nel tempo, ed è impossibile capire quale delle due variabili sia più importante. Con l’intervento chirurgico modifichiamo sperimentalmente solo una delle due variabili, nello stesso identico modo in tutti i pazienti. Con un intervento di pancreasectomia parziale, in termini di evoluzione della malattia diabetica, è un po’ come fare in due mesi quello che la natura fa nell’arco 20 anni”.
Gli interventi chirurgici stanno insegnando molto sulla genesi del diabete; questo studio dimostra che, anche asportando mezzo pancreas a un paziente che non ha insulino-resistenza (cioè non è sovrappeso/obeso), né deficit di secrezione di insulina, quel soggetto non diventerà diabetico. Ai fini del mantenimento di una buona glicemia dunque, non conta quanto pancreas viene rimosso, ma che quello che resta funzioni bene.
“L’innovatività di questo filone di ricerca – spiega il professor Andrea Giaccari, autore senior dello studio – risiede soprattutto nel non studiare persone che hanno già il diabete, ma persone che sono a rischio di svilupparlo, confrontando dati in vitro e in vivo e cercando di capirne i meccanismi. Questo è possibile solo lavorando in un grande Policlinico come il Gemelli, al fianco di una eccellenza nella chirurgia del pancreas come quella diretta dal professor Alfieri”.
La ricerca pubblicata su JCI ha coinvolto 78 pazienti candidati a intervento di duodeno-pancreasectomia, che sono stati sottoposti a test da carico di glucosio (OGTT) e a clamp iperglicemico, prima e dopo l’intervento per andare a valutare l’effetto ‘acuto’ della riduzione delle cellule beta pancreatiche, sulla comparsa di diabete. L’asportazione parziale del pancreas (duodeno-pancreasectomia) dimezza infatti il ‘corredo’ di cellule beta pancreatiche, produttrici di insulina, che i pazienti hanno a disposizione.
I risultati di questo studio suggeriscono che, a determinare la comparsa di diabete, sarebbe in particolare l’incapacità delle cellule beta di reagire prontamente con la secrezione di insulina all’aumento di glicemia che si verifica dopo un pasto (difetto della prima fase rapida di secrezione insulinica). E dunque, i soggetti portatori di queste cellule beta dai ‘riflessi’ rallentati (cellule ‘tartaruga’) sono quelli più predisposti a diventare diabetici. Una predisposizione questa che si ‘annida’ nelle pieghe del Dna; sono stati infatti individuati almeno dieci geni ‘tartaruga’ in grado di ‘intorpidire’ la secrezione insulinica da parte delle cellule beta.
Un fattore fondamentale per il determinismo del diabete di tipo 2 è dunque l’incapacità delle cellule beta di secernere insulina in maniera veloce; chi ha cellule dai riflessi ‘rapidi’ (cellule ‘lepre’) è protetto dal diabete, chi invece è portatore di cellule beta ‘lente’ (cellule ‘tartaruga’) a rispondere alle variazioni di glicemia, più facilmente andrà incontro al diabete in caso di riduzione del numero delle cellule produttrici di insulina.
E la pandemia di obesità che affligge il mondo è un grande ‘rivelatore’ dei soggetti portatori di queste cellule dai riflessi ‘lenti’, perché l’obesità mette in campo un altro importante fattore di rischio per il diabete di tipo 2, l’insulino-resistenza, cioè l’incapacità di tessuti e organi bersaglio dell’insulina di rispondere ai comandi di questo ormone, per superare la quale le cellule beta devono produrre sempre più insulina.
Il dato nella nuova Monografia degli Annali dell’Associazione medici diabetologi che analizza la stratificazione della prevalenza del rischio cardio-vascolare nelle persone con diabete. Il presidente Di Bartolo: “superare l’inerzia terapeutica per intervenire efficacemente sulle fasce a rischio per una migliore gestione della patologia”.
Delle oltre 490 mila persone con diabete monitorate ogni anno nei Centri di diabetologia italiani, il 65% dei soggetti con diabete tipo 1 e più del 78% dei soggetti con diabete tipo 2 sono a rischio molto alto di sviluppare un evento cardio-vascolare. La causa è da ricercarsi in un sottoutilizzo dei farmaci antidiabetici con azione specifica nella prevenzione del rischio cardiovascolare, il cui impiego è raccomandato dalle Linee Guida della Società Europea di Cardiologia (ESC).
Il dato è emerso dalla recente Monografia Annali dell’Associazione medici diabetologi (Amd) “Profili assistenziali nei soggetti con DM1 e DM2 in relazione al rischio cardiovascolare”. L’analisi ha evidenziato come solo il 10% dei soggetti con diabete di tipo 2 risulta in trattamento con gli inibitori SGLT2 e solo il 6% con i GLP1-RA. Di contro, il 70% dei pazienti è in trattamento con la metformina, oltre il 20% con un inibitore del DPP-IV e circa il 16% con le sulfaniluree, mostrando una certa resistenza rispetto all’utilizzo delle terapie innovative raccomandate come prima scelta di trattamento per i soggetti esposti a rischio cardiovascolare elevato o molto elevato. La Monografia ha preso in esame le persone con diabete monitorate ogni anno nei 258 Centri di diabetologia italiani aderenti al database Annali Amd e ha valutato l’assistenza fornita sulla base dei livelli di intensità e appropriatezza farmacologica per il diabete e per i fattori di rischio cardiovascolare e della qualità di cura. L’analisi tiene conto delle Linee Guida ESC-EASD (European Association for the Study of Diabetes), che identificano tre fasce di rischio cardiovascolare – molto elevato, elevato e moderato – sulla base di specifiche caratteristiche, quali malattia aterosclerotica accertata, danno d’organo e fattori di rischio multipli.
“La fotografia scattata dall’analisi Amd evidenzia una non completa traduzione nella pratica clinica di ciò che dimostrano i risultati dei trial di sicurezza cardiovascolare. Solo una esigua percentuale delle persone con diabete a rischio molto elevato di danno cardiovascolare risulta in trattamento con un SGLT2-i (10%) e con un GLP1-RA (6%), classi di farmaci che hanno mostrato i maggiori benefici in termini di riduzione del rischio cardiovascolare” commenta Basilio Pintaudi, Coordinatore del Gruppo di Lavoro Amd Real World Evidence. “Sulla base del “Q Score” in grado di predire l’incidenza successiva di eventi cardiovascolari, l’analisi ha poi valutato la qualità di cura complessiva ed è emerso che ad una qualità di cura più bassa corrisponde un maggiore rischio cardiovascolare – conclude Pintaudi.
“Da oltre 10 anni l’iniziativa Annali Amd fornisce un quadro sui profili assistenziali delle persone con diabete di tipo 1 e 2 e sull’evoluzione della qualità dell’assistenza. Le previsioni ci dicono che le persone con diabete tenderanno ad aumentare e, complice il progressivo invecchiamento della popolazione, aumenterà il numero di pazienti a rischio cardiovascolare più elevato – dice Paolo Di Bartolo, Presidente Amd. “Si tratta di una sfida alla quale il nostro Ssn deve essere in grado di rispondere attraverso soluzioni strategiche costo-efficaci. È auspicabile – conclude – che la diabetologia italiana sia disposta a vincere l’inerzia terapeutica così da mettere in atto una pratica clinica più conforme a quanto le evidenze scientifiche dimostrano in modo non più equivocabile: le nuove terapie sono in grado di cambiare la storia del diabete, aiutando a tenere sotto controllo la malattia e scongiurare gravi complicanze”.
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