Diabete e vaccini: un binomio vincente.

E non solo contro il Covid, ma anche contro influenza, pneumococco, meningococco e tutte le malattie infettive.

Le malattie infettive sono un importante tallone d’Achille per le persone con diabete; non solo sono più suscettibili, ma sviluppano spesso forme di infezione più gravi e, nel caso di quelle batteriche (polmoniti, infezioni delle vie urinarie, ecc), spesso sono gravate anche da resistenza alla terapia antibiotica. Per questo i vaccini, che siano anti-Covid-19 o anti-influenzali, rappresentano per i diabetici una strategia di prevenzione particolarmente raccomandata. “Il paziente con diabete – ricorda il professor Agostino Consoli , presidente della SID – è da una parte più esposto al contagio di alcune patologie infettive, ma soprattutto è più esposto alle complicanze. La persona con diabete che contrae l’infezione da Sars CoV-2 ha infatti un rischio doppio di andare in ospedale e di essere ricoverato in rianimazione. Quindi vaccino per tutti! Soprattutto per le persone con diabete, ma ovviamente anche per il resto della popolazione. E per le persone con diabete ricordiamo anche di fare i vaccini contro l’influenza, contro lo pneumococco, il meningococco, insomma contro tutte quelle patologie infettive prevenibili che sono più pericolose nella popolazione con diabete.”

“ Chi ha il diabete – afferma il Professor Enzo Bonora , Università di Verona – deve evitare assolutamente le infezioni e il modo migliore per prevenirle è vaccinarsi. Le persone con diabete sono particolarmente fragili nei confronti di tutte le infezioni, comprese quelle da SARS CoV-2. Quando vanno incontro al Covid-19, più facilmente fanno un’infezione grave che le porta al ricovero e anche alla morte, con maggior probabilità rispetto alla popolazione generale. Questa cosa non va nascosta perché le persone devono essere consapevoli del fatto che devono proteggersi. Non devono fare affidamento su cure che ancora non ci sono e forse non ci saranno mai. È molto meglio prevenire una malattia, che non farsela venire in forma grave e poi magari cercare di curarla. Perché a volte col Covid-19 la cura non funziona. E quelli che pensano di valutare se fare il richiamo (la terza dose), in funzione della loro risposta anticorpale, sbagliano. Intanto perché se 45 milioni di italiani volessero fare il test sierologico prima del vaccino il sistema non reggerebbe, ma anche perché non è detto che chi ha tanti anticorpi sia più protetto di chi ne ha meno. Quindi non ha senso fare questi esami. Ha senso invece aderire alla campagna vaccinale, facendo i vaccini proposti. Le persone con diabete che dovrebbero fare ogni anno il vaccino contro l’influenza e devono fare il richiamo contro il SARS CoV-2, che uccide con molta più frequenza di quanto non faccia l’influenza. La vaccinazione antinfluenzale, analogamente alle altre offerte gratuitamente dal Ssn, in caso di diabete, dovrebbe essere fatta a tutte le età, anche a 30 o a 40 anni, indipendentemente dalla durata del diabete e dalla presenza o meno di complicanze; perché l’influenza predispone il diabetico a varie complicanze, quali la polmonite batterica”.

“ La maggior suscettibilità alle infezioni delle persone con diabete (sia tipo 1 che 2) – spiega la dottoressa Valeria Sordi , Diabetes Research Institute , Ospedale Raffaele di Milano e componente del Comitato Didattico della Società Italiana di Diabetologia – è legata all’iperglicemia. Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (2017-19) prevede una serie di vaccinazioni raccomandate e gratuite per le persone con diabete. Ma il passaggio dal ‘frigo al deltoide’ non sempre avviene. Anzi. Nel caso dell’influenza, a vaccinarsi è meno del 30% delle persone con diabete tra i 18 e i 64, mentre l’obiettivo sarebbe arrivare al 75%. Da uno studio che abbiamo condotto al San Raffaele è emerso inoltre che oltre il 60% delle persone con diabete di tipo 1 non è al corrente di questa possibilità o non vuole vaccinarsi. Sarebbe dunque necessario fare delle campagne informative ad hoc per combattere l’esitazione vaccinale, un fenomeno influenzato dal modello della 5 C: Confidence (la fiducia nell’efficacia dei vaccini e nei medici), Complacency (la mancata percezione del rischio delle malattie infettive), Convenience (accessibilità), Calculation (l’impegno dell’individuo nella ricerca di informazioni, che purtroppo, in mancanza di fonti certe, può portare ad una maggior resistenza al vaccino), Collective responsability (la volontà di proteggere gli altri, attraverso il vaccino)”.

Ma le persone con diabete come rispondono ai vaccini e in particolare a quello contro il SARS CoV-2? “In generale molto bene, al pari del resto della popolazione – spiega il professor Raffaele Marfella , ordinario di Medicina Interna presso l’Università della Campania ‘Vanvitelli’ (Napoli) – ma la risposta immunitaria dipende anche dal grado di compenso glicemico dell’individuo. Insomma, se la persona con diabete è scompensata (cioè se ha un’emoglobina glicata superiore al 7%) al momento della vaccinazione, la risposta al vaccino potrebbe ridursi. Ma la buona notizia è che se ottengono un buon compenso metabolico anche dopo aver fatto il vaccino, la risposta immunitaria torna altrettanto valida di quella delle persone non diabetiche. Il take home message insomma è che l’iperglicemia ‘sbiadisce’ la risposta immunitaria, mentre la ‘ricolora’ una glicemia ben compensata”. Il Covid-19 insomma rappresenta un motivo in più per perseguire un ottimo controllo della glicemia, sia per proteggersi dall’infezione, che per migliorare la risposta al vaccino. Si, ma quali vaccini?

“ Sono almeno tre le piattaforme di vaccini che si sono mostrate efficaci contro il Covid-19 – ricorda Carlo Toniatti , direttore scientifico IRBM di Pomezia – quelli a mRNA, a vettore virale e a nonoparticelle (i cosiddetti vaccini ‘proteici’). I vaccini a mRNA si sono dimostrati molto efficaci, ma hanno incontrato anche tante resistenze psicologiche; credo che l’arrivo dei vaccini ‘classici’, quelli a nanoparticelle ricombinanti, come il Novavax, aiuterà a vincere queste resistenze. E, per il futuro, si sta già lavorando a vaccini mirati ad aumentare l’immunità cellulare, cioè a stimolare le cellule T. Ma questo potrebbe richiedere una decina d’anni”.

E nel frattempo l’Africa, il continente meno vaccinato della terra, rappresenta una bomba a orologeria per l’emergere di nuove varianti.“Nella metà povera del mondo – ricorda il professor Dietelmo Pievani , biologo evoluzionista e prorettore dell’Università di Padova – il virus è più libero di mutare; per questo, le disuguaglianze di accesso alla salute e il SARS CoV-2 rappresentano una ‘sindemia’. Inoltre, abbiamo creato contesti antropici che favoriscono le zoonosi e questo favorisce le ‘ecosindemie’ (una pandemia che interagisce con fattori sociali ed ecologici); tutti i focolai di Ebola finora registrati si sono avuti in zone dove la foresta è stata rimpiazzata da piantagioni; anche il commercio illegale di animali esotici e i wet market favoriscono lo spillover . Insomma, anche l’attuale pandemia di Covid-19 è un effetto collaterale della devastazione ambientale. D’altronde, il concetto di ‘ One Health’ ce lo ha insegnato: la patologia dell’ambiente, prima o poi diventa patologia umana”.

Ufficio Stampa SID

Paziente ‘digitale’: il diabete è una delle discipline più ‘avanti’.

Le tecnologie per la salute digitale sono già una realtà nel campo del diabete e permettono di essere vicino ai pazienti anche quando il diabetologo è lontano. La lezione del Covid- 19 e cosa manca per un’implementazione su larga scala. L’intervento del professor Luigi Laviola (Bari) al congresso ‘Panorama Diabete’ della Società Italiana di Diabetologia.

La pandemia di Covid-19 ha dato un’accelerazione senza precedenti alla digitalizzazione della medicina, soprattutto nel campo del diabete. Ma adesso è necessario sistematizzare, rendere organiche e mettere in rete le tante iniziative spontanee, spuntate durante i mesi più duri dei lockdown, per traghettare il ‘digital diabetes’ verso il futuro, approfittando anche delle risorse messe a disposizione dal Pnrr. Perché tutto ciò diventi veramente l’alba di un nuovo mondo per le persone affette da questa condizione. E i risultati dei primi studi sulla telemedicina applicata al diabete suggeriscono che questa è la strada da percorrere, visto che i pazienti assistiti da remoto o in modalità ibrida hanno in media un’emoglobina glicata di mezzo punto inferiore a quelli assistiti in modalità tradizionale.

“ Il digitale è già presente in tanti aspetti della vita dei pazienti – afferma il professor Luigi Laviola , ordinario di Medicina Interna all’Università di Bari – dalla pre-visita (informazioni sulle malattie, ricerca di sintomi, medici e strutture), alla visita (prenotazione, consulto, pagamento, invio referti, al trattamento (somministrazione, monitoraggio del decorso della patologia). Ma la vera rivoluzione è ancor più evidente nei device per il diabete (pompe da insulina, penne da insulina ‘smart’, pancreas artificiali ibridi, sensori per la glicemia ‘impiantabili’ e ‘indossabili’), nelle ‘app’ per pazienti e per medici da smartphone, nei siti web di supporto al paziente e nei software di data management. E già si guarda alle prossime frontiere, come le app di supporto decisionale per il medico, gli algoritmi di intelligenza artificiale (già entrati nello screening della retinopatia diabetica) e i sistemi di integrazione delle informazioni provenienti dai social media. C’è poi tutta l’area dei digital therapeutics, cioè delle app utilizzate come ‘farmaci’, che verranno validati da trial clinici su e-coorti”.

La mobile health (m-health) fa riferimento all’uso di dispositivi mobili (app da computer o smartphone, altre che utilizzano sistemi di comunicazione più tradizionali quali telefono, sms, e-mail, instant messaging) per scambiare informazioni che hanno a che fare con la salute. Nell’ambito generale della connettività, la telemedicina fa riferimento all’attività di cura e prevenzione tramite l’uso di tecnologie, che include tutta una serie di strategie, la principale delle quali è il tele-monitoraggio . “Il diabete – commenta Laviola – è forse l’esempio migliore di come questi aspetti di salute digitale possano essere collegati in maniera efficace: la m-health consente al paziente di registrare sul suo smartphone e inviare su cloud i dati relativi ad esempio alla glicemia; il telemonitoraggio consente al medico di visualizzare questi dati sul suo computer e di darne un’interpretazione; la telemedicina in senso stretto è il collegamento tra questi due attori e utilizza le informazioni fornite dal paziente e le considerazioni fatte dal medico, per gestire al meglio la patologia”. Nel diabete, si è già in un contesto in cui questi vari aspetti sono collegati tra loro. Anche perché un numero, non seguito da un’azione, non ha alcun significato e non serve al paziente. Ma la strada da percorrere è questa. “Dal punto di vista della valutazione dell’efficacia – spiega Laviola – metanalisi e studi recenti convergono su un risultato ricorrente: queste strategie determinano una riduzione di mezzo punto dell’emoglobina glicata , un dato clinicamente significativo di miglioramento del compenso del diabete”.

Durante la pandemia, i medici si sono trovati a dover gestire richieste d’aiuto dei pazienti con malattia cronica che necessitavano di supporto e di contatto ma che dovevano evitare di entrare in ospedale. “Le società scientifiche di categoria (Società Italiana di Diabetologia – SID, Associazione Medici Diabetologi – AMD, Società Italiana di Endocrinologia – SIE) lo scorso anno, hanno messo a punto un Percorso Diagnostico- Terapeutico Assistenziale ( PDTA ) sottoposto alle autorità regolatorie, per un primo orientamento circa le modalità di attuazione di una tele-visita per i pazienti metabolici, diabetici ed endocrinopatici.

“ Successivamente – ricorda Laviola – abbiamo fatto una survey delle tecnologie e software disponibili per la telemedicina, per individuarne pregi e difetti e cosa serviva a migliorarle. Più di recente SID, AMD e SIE hanno elaborato un vademecum molto pratico sulla gestione delle visite diabetologiche da remoto, indicandone le tappe essenziali (calendarizzazione appuntamenti, contatto preliminare, acquisizione ricetta, attività di tele-visita con strumenti e software sicuri, criptati e in grado di garantire la sicurezza dei dati, la refertazione della visita e la certificazione della prestazione). Questo ha consentito alle strutture diabetologiche italiane di reggere l’impatto del Covid meglio di quanto sia successo in altri Paesi del mondo”. Negli Usa le visite in presenza si sono ridotte in questo periodo di oltre il 60% e solo il 14% di queste è stato recuperato tramite tele-visita; mentre in Italia, nelle 8 settimane di lockdown più duro (a marzo) molti centri diabetologici sono riusciti a portare a termine oltre il 90% delle visite prenotate grazie alla telemedicina. E si è addirittura generato un paradosso, quello del lockdown effect : alcuni parametri di compenso glico-metabolico dei pazienti italiani seguiti in telemedicina sono addirittura migliorati durante il lockdown. Forse perché si sono sentiti comunque seguiti, anche a distanza.

Cosa si è imparato da queste esperienze di telemedicina e come impronterà l’assistenza futura? “Di certo – spiega Laviola – il concetto di raccogliere dati rilevanti e come utilizzarli. Ma il modo con il quale facciamo le nostre visite deve cambiare; dobbiamo passare da un approccio ‘puntuale’, ad una visita che tenga conto di quello che è successo e di quello che succederà (i dispositivi di telemedicina raccolgono lo storico e ci permettono di prevedere il futuro). Infine, va considerata la possibilità dell’ approccio ‘ibrido’ (visite da remoto e in presenza nel corso dell’anno) che deve diventare un’opzione per tutte le persone con diabete. È naturalmente necessaria la disponibilità di hardware e di dispositivi nei centri diabetologici e a casa dei pazienti, ma la vera conditio sine qua non però è lavorare sulle competenze informatiche , non solo dei pazienti, ma anche dei professionisti della salute (formazione all’uso delle tecnologie). Un altro punto importante è l’ integrazione dei dati , cioè l’interoperabilità delle varie piattaforme; è necessario spingere per un linguaggio unico di queste piattaforme e di questi dispositivi. Non è accettabile che gli approccio innovativi di telemedicina siano guidati dall’iniziativa delle industrie private. Fondamentale è anche una normativa corretta sull’utilizzo dei dati e la sicurezza informatica dall’intrusione di cyber-attack. E infine l’interpretazione dell’utilità di questi sistemi che significa non solo una valutazione di costo-efficacia economica, ma una valutazione intelligente di quello che significa per la singola persona e per la società l’utilizzo di questi dispositivi; infine servono dei modelli di rimborso dignitosi”.

“ La sfida della cronicità – commenta Agostino Consoli , presidente della SID – passa per la prossimità. E la prossimità non può che essere digitale. E non solo nel contatto tra lo specialista di diabetologia e il paziente, ma anche nella costruzione della rete, del network , che comprende la persona con diabete, il suo curante, il medico di medicina generale, lo specialista diabetologo e in seconda battuta, gli specialisti coinvolti nel trattamento delle complicanze. E l’ossatura di questo network non può che essere telematica. Esempi virtuosi di questo sono già presenti. Occorre implementarli, diffonderli e renderli il ‘PDTA nazionale’ dell’assistenza al diabete”.

“ La pandemia di Covid- 19 – ammette il professor Angelo Avogaro , presidente eletto della SID – ha sicuramente imposto un ‘allontanamento’ del paziente con diabete dal suo centro di riferimento. Le ricadute di questo distacco sono state un peggioramento del compenso glicemico e l’interruzione dell’abituale follow-up delle complicanze della malattia. Per questi motivi, l’introduzione nella pratica diabetologica della digital health ha sicuramente reso meno dolorosa questa lontananza e ha favorito il rapporto continuo tra pazienti e diabetologo. A tutt’oggi la pandemia fa sentire i suoi effetti, ma riteniamo che, anche in tempi migliori, la digital health possa supportare la diabetologia, soprattutto nel follow-up dei pazienti con difficoltà di accesso ai servizi di diabetologia”.

Ufficio stampa Sid

Terapia del diabete di tipo 2, nuove linee guida: cosa cambia e cosa resta.

Il commento del professor Agostino Consoli, presidente SID e del professor Angelo Avogaro, presidente eletto della SID

Presentata al congresso ‘Panorama Diabete’ della Società Italiana di Diabetologia SID la nuova edizione delle linee guida congiunte della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) per la ‘ Terapia del diabete di tipo 2 ’ che l’Istituto Superiore di Sanità ha inserito all’interno del Sistema Nazionale delle Linee Guida (SNLG). La novità più eclatante delle nuove linee guida è che le sulfaniluree scompaiono dall’algoritmo terapeutico per il diabete di tipo 2. “Un passo necessario – commenta il professor Agostino Consoli , presidente della Società Italiana di Diabetologia SID – perché la revisione sistematica degli studi su questi farmaci ha evidenziato un rapporto benefici/rischi non favorevole per le sulfaniluree, rispetto ad altre, più moderne opzioni terapeutiche. Viene dunque raccomandato di non prescrivere queste molecole alle persone con diabete che non ne facciano già uso e di procedere alla loro progressiva sostituzione in chi fosse già in trattamento con questi farmaci”. “Il processo di sostituzione progressiva di terapie ormai obsolete – commenta il professor Edoardo Mannucci , coordinatore del panel di esperti della SID e dell’AMD che ha redatto le linee guida – potrà richiedere tempo e sforzo organizzativo, ma porterà certamente ad un miglioramento della qualità complessiva della cura per le persone con diabete di tipo 2”.

La seconda caratteristica distintiva delle nuove linee guida è che, contrariamente ad altre linee guida internazionali che hanno mostrato da subito un ‘innamoramento’ per le nuove molecole, le linee guida SID-AMD continuano a riservare un ruolo centrale alla metformina . E non potrebbe essere altrimenti: gli studi analizzati confermano che, sebbene ‘datato’, si tratta di un farmaco efficace e conveniente, in termini di rischio/beneficio. “Ma naturalmente – commenta il professor Angelo Avogaro , presidente eletto della SID – anche le nuove linee guida italiane recepiscono le evidenze prodotte dagli studi clinici sui benefici cardio-vascolari di alcune classi di farmaci come gli SGLT2 inibitori e i GLP-1 agonisti , che vengono dunque poste in una posizione importante all’interno degli algoritmi terapeutici. Questi farmaci vanno considerati in seconda linea, dopo la metformina, nei pazienti senza malattie cardiovascolari note, mentre vanno prescritti già in prima linea nei pazienti con patologie cardiovascolari”.

E uno dei pilastri del trattamento del diabete di tipo 2 resta comunque una sana alimentazione . Gli esperti diabetologi raccomandano di seguire una dieta bilanciata di tipo mediterraneo, mentre sconsigliano le diete ipoglicidiche (le cosiddette ‘low-carb’) e quelle chetogeniche, nella terapia a lungo termine del diabete di tipo 2. Questo perché con le ‘low-carb’ e le chetogeniche gli effetti a medio e lungo termine sul compenso glicemico risultano peggiori rispetto alle diete bilanciate, di tipo ‘mediterraneo’.

Un’altra novità delle linee guida riguarda l’ attività fisica . Restando ferme le indicazioni sull’importanza dell’attività fisica ‘mista’ (aerobica e anaerobica), che va preferita a quella o solo aerobica o solo anaerobica, scompaiono le ‘soglie’ di attività fisica. Non viene più indicata insomma una soglia minima di attività fisica, che viene sostituita dall’indicazione: ‘fare più attività fisica possibile’.

Rispetto alle edizioni precedenti delle linee guida italiane (gli Standard di Cura del Diabete Mellito), queste nuove linee guida presentano tante novità, anche nel formato , non più ‘omnicomprensivo’, ma focalizzato su un argomento specifico, in questo caso la terapia del diabete di tipo 2. Molto più sintetiche rispetto agli ‘Standard di Cura’, le nuove raccomandazioni sulla terapia del diabete di tipo 2 sono soltanto 18 (contro le 75 sullo stesso argomento contenute negli standard di cura del 2018).

“ Per la prima volta – spiega il professor Consoli – per elaborare le nuove linee guida, gli esperti delle due società scientifiche SID e AMD si sono avvalsi del metodo GRADE , una procedura complessa che mira a ridurre al minimo l’influenza di opinioni personali, ragionamenti deduttivi e preferenze individuali, portando gli estensori della linea guida ad attenersi alle evidenze derivanti da studi clinici di buona qualità (preferibilmente trial randomizzati). Questo metodo, così complesso, consente di ottenere raccomandazioni molto più oggettive, e quindi metodologicamente solide, rispetto alla gran parte delle linee guida esistenti a livello internazionale. E del resto, le implicazioni medico-legali che le linee guida ormai hanno nel nostro sistema, richiedono un particolare rigore nella loro formulazione”.

Dietro ogni raccomandazione, dunque, c’è un grande lavoro di revisione sistematica della letteratura, valutazione critica di evidenze e sintesi statistiche, che viene riportato integralmente, di seguito alla lista delle

raccomandazioni, nel sito del Sistema Nazionale delle Linee Guida. Una volta determinati i vantaggi e gli svantaggi di ciascuna opzione terapeutica, si aggiungono considerazioni economiche (effetti sui costi sanitari diretti, costo-efficacia, costo-utilità, eccetera), verifiche di impatto organizzativo e di fattibilità, arrivando infine, attraverso appositi algoritmi, alla formulazione della raccomandazione. “Ci auguriamo – conclude il professor Consoli – che queste raccomandazioni possano essere un valido ausilio nella pratica professionale quotidiana dei diabetologi italiani”.

Ufficio stampa Sid

Panorama Diabete: l’assistenza diabetologica di oggi e di domani. ‘ Innovazione, Organizzazione, Digitalizzazione’.

Riccione per quattro giorni capitale della diabetologia. Gli specialisti della Società Italiana di Diabetologia SID finalmente riuniti in presenza per gettare le basi della nuova assistenza diabetologica, ma anche per discutere delle nuove Linee Guida, delleultimissime novità terapeutiche di ‘Digital diabetes’ , ‘One health’ e Medicina di Genere.

Si inaugura oggi a Riccione ‘Panorama Diabete’, il Forum multidisciplinare e multidimensionale a cadenza biennale, organizzato dalla Società Italiana di Diabetologia. Nel corso del congresso, che si terrà da oggi al 30 novembre, verranno celebrati i 100 anni dalla scoperta dell’insulina con la presentazione di una cartolina celebrativa con uno speciale annullo postale, nell’ambito di una iniziativa di SID, AMD ed AIFA cui ha partecipato Poste Italiane. Questa cartolina verrà consegnata come riconoscimento simbolico ai ‘veterani’ del diabete, coloro che vivono bene con la malattia da oltre 50 anni e diventano quindi speciali testimonial degli incredibili progressi terapeutici fatti in questo campo. Per tutti, verrà pubblicamente ‘premiato’ un insegnante di Vasto (Chieti) che convive con questa condizione da oltre 65 anni.

Tanti gli argomenti sul tappeto nella quattro giorni di Riccione: da quelli clinico- scientifici (diabete e medicina di genere, diabete e ambiente, nuovi farmaci e nuovi device, Linee Guida, Digital Diabetes ), ‘contaminati’ dalle expertise di altri specialisti, a quelli politico-organizzativi. Tra questi ultimi protagonista assoluta è la riorganizzazione dell’assistenza diabetologica alla luce della missione 6 del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ( Pnrr) e dell’esperienza della pandemia. “Noi diabetologi – afferma il professor Agostino Consoli , presidente SID – vogliamo essere parte attiva nella ridefinizione del nuovo piano assistenziale. Per questo, insieme ad AMD, abbiamo istituito un apposito tavolo tecnico consultivo, con il compito di elaborare proposte operative che aiutino a declinare le linee di indirizzo del PNRR in relazione al diabete”.

Al centro della missione 6 ‘Salute’ del Pnrr c’è il grande capitolo della ‘cronicità’, del quale il diabete è una parte importante. L’assistenza territoriale dovrà essere ridisegnata in un’ottica di medicina di prossimità, istituendo Case della Comunità, Ospedali di Comunità e avvalendosi sempre più di servizi di telemedicina. Ma per la gestione delle persone con diabete quale potrebbe essere la formula dell’assistenza ideale? “Ci auguriamo – afferma Consoli – che la rete dei centri diabetologici, che tanto ha contribuito al benessere delle persone con diabete in Italia, non venga relegata nelle Case di Comunità e magari ridimensionata, ridotta cioè alla presenza del solo diabetologo, anziché del team. Riteniamo opportuno creare anche sul territorio delle forti unità di diabetologia, che possono lavorare in rete e interagire con le Case di Comunità. È giusto che il paziente cronico venga assistito quanto più possibile fuori dall’ospedale, ma è necessario che soprattutto sul territorio possa trovare strutture specialistiche di diabetologia in grado di assisterlo in maniera ottimale e multidimensionale. Per questo riteniamo fondamentale creare e/o potenziare fortemente centri diabetologici hub , che rappresentino lo snodo essenziale di una rete digitale integrata, che consenta l’interazione efficace con la medicina generale e con tutti gli specialisti coinvolti a nella gestione delle persone con diabete”.

“ La omogeneità delle cure e dell’accesso ad esse – afferma Angelo Avogaro , presidente eletto della SID – è un diritto inalienabile dei cittadini affetti da diabete. Purtroppo esistono forti difformità a livello delle singole Regioni nella gestione delle malattie croniche. Per questo la SID auspica che in tutte le Regioni italiane, in modo uniforme, il cittadino interessato da questa malattia possa essere seguito da un team diabetologico completo e possa ricevere un counselling adeguato per ottimizzare lo stile di vita ed affrontare le problematiche poste dalla convivenza con la malattia. In tutte le persone affette dalla malattia dovrebbe non solo essere raggiunto un compenso metabolico ottimale attraverso l’impiego di farmaci innovativi con comprovata azione di protezione cardio- vasculo-renale, ma anche effettuato un periodico screening approfondito delle complicanze a lungo termine del diabete”. Questa omogeneità nell’assistenza delle persone con diabete è un elemento essenziale della tanto auspicata equità del nostro Servizio sanitario nazionale.

E in questo, la filosofia del Pnrr può venire in aiuto, dando omogeneità organizzativa e tecnologica all’assistenza territoriale ed estendendo così l’assistenza a fasce di popolazione al momento non raggiunte dallo specialista diabetologo; si stima che, oltre ai quasi 4 milioni di italiani con diabete, ve ne siano almeno altri 1,5-2 milioni ancora senza diagnosi, che sono cioè diabetici senza saperlo. Inoltre, solo una persona con diabete su 3 è attualmente assistita presso un centro diabetologico; una limitazione importante visto che al momento farmaci e device innovativi sono prescrivibili per lo più solo dagli specialisti. “La prevenzione del diabete e il suo trattamento – sostiene Avogaro – devono essere considerate strategiche.

Ecco perché – continua Avogaro – chiediamo da un lato che vengano fortemente potenziati i team diabetologici, dall’altro che si attui uno sforzo comune con la medicina generale per individuare e trattare tempestivamente i cittadini con nuova diagnosi di diabete, riferendoli, almeno per un primo inquadramento della patologia, ai servizi di diabetologia. Questi a loro volta dovranno collaborare in maniera efficace ed efficiente con il medico di medicina generale per una gestione integrata dell’assistito. In questo moderni strumenti tecnologici e informatici saranno di grande aiuto per seguire anche da remoto e con maggior continuità i pazienti con diabete, a rischio di complicanze o particolarmente fragili. Questo schema – conclude il professor Avogaro – avrà il vantaggio non solo di permettere al cittadino con diabete di essere comunque in contatto con lo specialista,ma anche di beneficiare di una più efficiente condivisione di dati e strategie tra diabetologo e medico di medicina generale”.

Ufficio Stampa SID

Diabete e vaccinazione anti-Covid: ecco le ragioni di una scelta necessaria e salva-vita.

Le persone con diabete sono tra le categorie a maggior rischio di esito infausto in caso di infezione da nuovo coronavirus, come dimostrano anche i risultati degli ultimissimi studi, uno inglese e uno francese, appena pubblicati sulla rivista Diabetologia. Il vaccino anti-COVID è dunque per loro un’arma fondamentale. I diabetologi esortano le persone con diabete a vaccinarsi senza indugio

Il COVID è un nemico importante per le persone con diabete. Per questo la Società Italiana di Diabetologia, insieme all’Associazione Medici Diabetologi e alla Società Italiana di Endocrinologia si sono fatte promotrici della richiesta di rendere prioritaria la vaccinazione anti-COVID per le persone con diabete. A ulteriore conferma di quanto il vaccino sia fondamentale per la popolazione diabetica, arrivano i risultati aggiornati dello studio CORONADO, pubblicati oggi su Diabetologia(la rivista della EuropeanAssociation for the Study of Diabetes, EASD) dai professoriBertrand CarioueSamyHadjadj, dell’Università di Nantes (Francia). I dati pubblicati a maggio evidenziavano che il 10% delle persone con diabete e COVID moriva entro la prima settimana di ricovero. La nuova analisi, effettuata su 2.796 partecipanti (arruolati presso 68 centri ospedalieri francesi), evidenzia che un paziente su 5, tra i diabetici ricoverati per COVID, muore entro 28 giorni dal ricovero. Una glicemia elevata al momento del ricovero si associa ad un aumentato rischio di morte.

“La pandemia di Covid-19 – afferma il professor Agostino Consoli, presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) –continua a mietere vittime e le vittime sono certamente molto più numerose tra le persone già affette da altre patologie. Tra queste, purtroppo, vanno sicuramente incluse le persone con diabete. Questo traspare già dai dati dell’Istituto Superiore di Sanità, secondo i quali il diabete mellito è presente nel 30% dei pazienti deceduti per COVID-19, una percentuale significativamente superiore rispetto alla prevalenza della malattia diabetica nella popolazione generale (In Italia, il 6,7 %). E recentissimi studi internazionali non fanno che confermare questo dato drammatico. Un lavoro inglese del dottor Andrew McGovern dell’Università di Exeter, appena pubblicato online su Diabetologia, dimostra che tra i soggetti affetti da COVID -19, il rischio di morte in un individuo di 50 anni con diabete è pari al rischio di morte di un soggetto di 66 anni senza diabete. Lo studio osservazionale francese CORONADO pubblicato oggi su Diabetologia riporta che su una coorte di pazienti diabetici ospedalizzati per Covid-19 ben 1 su 5 va incontro al decesso durante le prime 4 settimane di ricovero. Sono dati drammatici, che sottolineano ancora volta quanto sia fondamentale ed irrinunciabile, per tutti, ma in particolare per le persone con il diabete, prevenire il contagio e proteggersi con il vaccino”.

Al momento le uniche azioni efficaci per la protezione control’infezione da SARS Cov-2 sono il distanziamento sociale e la profilassi vaccinale. “Tutti i dati ad oggi disponibili – conclude Consoli – dimostrano che anche nelle persone con diabete la vaccinazione anti-SARS Cov 2 è efficace e sicura. E’ quindi necessarioche le persone affette da questa condizione si rendano conto di quanto sia fondamentale la protezione offerta dal vaccino e corrano a vaccinarsi appena questo sarà possibile nelle loro sedi. Questo sempre continuando a rispettare scrupolosamente nei comportamenti le norme di sicurezza generali necessarie per limitare la trasmissione del virus”.

Ufficio Stampa SID

Si inaugura oggi il 28° congresso nazionale della Società Italiana di Diabetologia SID ‘ La SID in movimento’. Nonostante il Covid.

Un’edizione all’insegna di un grande fermento culturale e di importanti alleanze con tante società scientifiche, in primis con l’Associazione Medici Diabetologi AMD.

Sarà il primo congresso nella storia della Società Italiana di Diabetologia a tenersi in formato virtuale. Ma la SID non ha mai ‘chiuso per COVID’ e ha continuato a svolgere regolarmente le sue tante attività scientifiche e di formazione per tutto l’anno, sia in presenza che da remoto. E anche il 28° congresso nazionale SID offrirà dal 2 al 5 dicembre una serie di letture e di sessioni, sia live che registrate, di eccellente livello scientifico e di grande interesse per l’aggiornamento clinico.

“ Il biennio 2018-2020 della mia presidenza – ricorda il professor Francesco Purrello , presidente SID – è stato caratterizzato, tra l’altro, dal rafforzamento del ruolo della SID nell’ambito della formazione, una delle eccellenze della Società anche negli anni passati. Ma in questo biennio si è guardato maggiormente al coinvolgimento di altre componenti culturali dell’area medica, ad esempio la cardiologia, la nefrologia, l’epatologia. Questo perché, anche alla luce dei meccanismi d’azione di nuove classi di farmaci antidiabete, è risultato chiaro che il ruolo del diabetologo debba essere centrale anche in questi ambiti e che la collaborazione con gli altri specialisti di area medica deve essere realizzata sin dalle fasi iniziali della malattia, per prevenire le complicanze più pericolose del diabete, adesso che se ne ha la possibilità. Sempre di più quindi, con orgoglio del suo ruolo chiave, il diabetologo deve proporsi come partner indispensabile nella gestione di questi pazienti, anche in presenza di un buon controllo metabolico, sganciandosi definitivamente dal vecchio ruolo di ‘glicemologo’. Il tema del congresso, ‘la SID in movimento’, vuole anche descrivere questo movimento culturale di cui la Società si è fatta promotrice, e​ che sono sicuro sarà mantenuto e rafforzato nel prossimo futuro. Ringrazio tutto il Consiglio Direttivo e l’eccezionale staff della Società per avermi aiutato e supportato in questi 30 mesi”.

L’edizione 2020 presenta anche una grande novità: la rinnovata e rinsaldata sinergia con l’Associazione Medici Diabetologi (AMD) che ha collaborato alla stesura del programma scientifico e partecipa fattivamente al congresso con una serie di sessioni congiunte AMD-SID in live streaming dedicate ai vari aspetti dell’argomento più gettonato dell’anno: ‘diabete e COVID’. Sempre in collaborazione con AMD, anche la sessione dedicata al prossimo aggiornamento delle linee guida per la gestione del diabete. “ Le tante attività sviluppate congiuntamente nel corso di questo impegnativo periodo – sottolinea Paolo Di Bartolo , presidente AMD – hanno sancito l’esistenza di una ‘unica’ diabetologia nazionale, della quale AMD e SID sono i motori, con vocazioni e attitudini forse in parte differenti, ma sempre sinergiche e complementari per l’obiettivo più rilevante, il miglioramento della qualità della cura”.

Ma le alleanze non si esauriscono qui; il congresso vedrà infatti la partecipazione di numerose società scientifiche , quali la Società Italiana di Cardiologia ( SIC ), la Società Italiana delle Scienze Motorie e Sportive ( SISMES ), la Società Italiana di Nefrologia ( SIN ), la Società Italiana di Endocrinologia ( SIE ),l’Associazione Italiana per lo Studio del Fegato ( AISF ) e la Società Italiana di Andrologia e Medicina della Sessualità ( SIAMS ). Il leitmotiv di questa edizione, ‘La SID in movimento’ , sarà declinato ad altissimi livelli, a partire dalla lettura magistrale ‘ Cibo ed esercizio fisico come medicina: meccanismi metabolici e molecolari‘ affidata al professor Luigi Fontana (Università di Sidney), uno dei massimi esperti di longevità a livello mondiale. Sempre improntato al tema del movimento è un importante documento congiunto AMD-SID-SISMES sulla prescrizione dell’attività fisica nelle persone con diabete, che sarà presentato in una sessione apposita (sabato 5 dicembre).E ancora, il documento congiunto SID-SIC sulla gestione del rischio cardiovascolare nel diabete. Gli altri temi del congresso sono stati selezionati tra gli hot topics del momento in campo diabetologico: dagli effetti metabolici dell’immunoterapia oncologica, alle nuove strategie di somministrazione dei farmaci, dalla medicina di precisione nel diabete, al ruolo del microbioma, dalle nuove tecnologie applicate al diabete, dalle twincretine, all’immunoterapia nel diabete di tipo 1, alle omiche ed epiomiche nel diabete. Infine,

al termine del congresso, il professor Francesco Purrello che ha guidato la SID dal 2018 ad oggi, cederà il testimone al professor Agostino Consoli , che ricoprirà la carica di presidente della Società Scientifica per il prossimo biennio.

“ Non sarà facile – afferma il professor Agostino Consoli – eguagliare il lavoro del professor Purrello, cui va il profondo ringraziamento mio personale e della SID tutta, che nel momento forse più difficile per il Paese e per il suo Sistema Sanitario ha saputo far coraggiosamente progredire il lavoro della Società. La SID è rimasta vicino ai diabetologi aiutandoli a mantenere il loro elevato livello culturale e clinico e promuovendo una serie di iniziative che li aiutasse ad essere vicini alle persone con diabete, in questo momento così complicato per tutti, ma per i portatori di malattie croniche in particolare. Continueremo su questa strada, partendo da questo congresso, nuovo e diverso per tanti aspetti ma che, grazie ad un programma così eccellente e completo e grazie anche alla partecipazione di AMD, non potrà che essere un successo. Continueremo promuovendo ulteriormente il ruolo della SID come motore della ricerca sul diabete in Italia e come faro della formazione di eccellenza sulla malattia diabetica e sulle purtroppo numerose patologie ad essa collegate. Continueremo, in piena sintonia e sinergia con AMD, nella costruzione di una diabetologia sempre più eccellente e sempre più capace di mettere tutte le tecnologie innovative, da quelle informatiche a quelle bio- ingegneristiche a quelle farmacologiche, al servizio della razionalizzazione delle risorse, della efficienza dei percorsi di cura e, in definitiva, del benessere delle persone con diabete”.

Il professor Agostino Consoli è il nuovo presidente SID I punti salienti del suo programma di presidenza per il prossimo biennio.

Al termine del congresso nazionale 2020 della Società Italiana di Diabetologia (SID), il professor Agostino Consoli , ordinario di Endocrinologia, Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento, Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti e responsabile della UOC Territoriale di Endocrinologia e Malattie Metaboliche della AUSL di Pescara prenderà le redini della società scientifica, diventando il presidente della SID per il biennio 2020- 2022. Queste, in sintesi, le linee programmatiche della sua presidenza.

Contribuire all’ulteriore crescita culturale e scientifica della diabetologia italiana. Lanciare una ‘ Quest for excellence ’. “La diabetologia italiana ha un livello culturale eccellente – afferma il professor Consoli – che bisogna tuttavia costantemente ed ulteriormente far crescere. Il diabetologo italiano deve continuare ad essere un medico a tutto tondo, deve trattare la persona con diabete e non solo la sua glicemia, deve rappresentare un punto di riferimento obbligato anche per gli altri specialisti che si occupano delle persone con diabete, con i quali dovrà istituire sempre più ampie collaborazioni”.

Favorire il processo di modernizzazione della diabetologia, ottimizzando lo sfruttamento delle tecnologie e favorendo la razionalizzazione dei percorsi e delle risorse. Secondo il presidente Consoli “il diabetologo deve essere in grado di sfruttare quotidianamente e in modo adeguato tutte le tecnologie informatiche, bio-ingegneristiche e farmacologiche a disposizione. Questo favorirà la razionalizzazione delle risorse. Il tempo del diabetologo sarà utilizzato al meglio se, a viaggiare, saranno più i dati che le persone. Per questo però dovrà sempre di più e meglio interagire in rete non solo con il paziente, ma anche con la medicina generale e gli altri specialisti, in maniera da fare da hub anche informatico per la persona con diabete. Sarà inoltre fondamentale potenziare sempre più quei processi di conservazione dei dati che consentano poi di analizzarli e valorizzarli al meglio, sulla scia di quello chela SID sta facendo con il database Darwin e con il progetto ARNO”.

E’ necessaria una sempre più ampia collaborazione con tutti gli stakeholder , diretti ed indiretti, che ruotano intorno al problema Diabete. “ In primis con l’Associazione Medici Diabetologi (AMD), società scientifica non più cugina, ma sorella, anzi, sorella siamese (dove va l’una, non può non andare l’altra) – ribadisce Consoli – e con la Società Italiana di Endocrinologia (SIE). Ma anche in strettissima collaborazione con Diabete Italia, con FAND e con le altre associazioni rappresentanti le persone con diabete ed il volontariato. Assoluta sinergia di intenti con la medicina generale, con la quale è necessario fare rete; puntiamo inoltre alla creazione di percorsi condivisi, sia clinici che formativi, con i colleghi di altre specialità (soprattutto cardiologi, nefrologi e gastroenterologi). Nella straordinaria scia della passata presidenza del professor Francesco Purrello, continueremo con un denso programma di formazione ed aggiornamento , cercando anche di concepire ed applicare forme di comunicazione e di trasmissione della conoscenza che siano ancor più efficaci ed efficienti e che vadano anche al di là di webinar e corsi ECM”.

Dare un ulteriore impulso alla ricerca . “E’ quanto cercheremo di fare – annuncia il neo-presidente – attraverso progetti quali il GOLDEN AGE e il database Darwin. Il Progetto GOLDEN-AGE, presentato dalla SID, si è aggiudicato un importante finanziamento di 1,4 milioni di euro, essendo risultato uno dei soli quattro vincitori (su oltre un centinaio di application ) del bando AIFA per la ricerca indipendente. ottenendo un contributo finanziario di 1,4 milioni di euro. Il progetto, che avrà una durata triennale, prevede un confronto intraclasse tra farmaci SGLT2 inibitori, in termini di efficacia e sicurezza negli anziani. Il principal investigator è il professor Angelo Avogaro ed il Comitato Scientifico è composto da Gian Paolo Fadini (co-principal investigator), Matteo Monami, Antonio Nicolucci, Sabrina Prudente, Giovanni Targher ed Itamar Raz (esperto internazionale) oltre ovviamente al sottoscritto. Lo studio parte adesso, avrà una durata triennale e coinvolgerà circa 30 centri di diabetologia italiani. Abbiamo inoltre previsto un aggiornamento e potenziamento del database DARWIN, partito due anni fa, che ha raccolto nel tempo una serie di dati clinici e farmacologici di pazienti diabetici, trattati presso decine di centri italiani. Questo database rappresenta una preziosa fonte di informazioni real world anche sul trattamento farmacologico e l’analisi dei dati in esso contenuti ha già prodotto una serie di pubblicazioni – conclude Consoli – abbiamo ovviamente intenzione di andare avanti su questa strada e sviluppare ulteriori realworld analyses , anche in collaborazione con partner istituzionali o privati”.

Ufficio Stampa SID

che sono sicuro sarà mantenuto e rafforzato nel prossimo futuro. Ringrazio tutto il Consiglio Direttivo e l’eccezionale staff della Società per avermi aiutato e supportato in questi 30 mesi”.

La Lega Calcio Serie A scende in campo a fianco di SID e AMD per la Giornata Mondiale del Diabete
Obiettivo: vincere il campionato contro il diabete.

Lo sport, da sempre ‘amico’ delle persone con diabete,quest’anno lo è ancora di più. In occasione della Giornata Mondiale del Diabete 2020, che si celebra il 14 novembre, la Lega Calcio di Serie A ha infatti deciso di scendere in campo contro il diabete, a fianco della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi(AMD), ospitando sulla landing page della Lega Calcio Serie A (www.legaseriea.it) un visual (una mascherina) per ricordare a tutti l’importanza di proteggersi contro il COVID-19 per vincere la partita contro il virus e di adottare uno stile di vita corretto, fatto di sana alimentazione e di tanta attività fisica, per vincere il campionato contro il diabete.

Al visual saranno linkati due decaloghi, uno su‘Diabete e COVID-19’ e l’altro ‘Prevenire il diabete’,stilati dalle società scientifiche di diabetologia SID e AMD. “Curare bene il diabete è possibile, e per fare questo è indispensabile interrompere la sedentarietà e fare attività fisica – dice il professor Francesco Purrello, presidente della Società Italiana di Diabetologia SID – Un corretto stile di vita, aiuta a mantenere un buon controllo metabolico e riduce il rischio di contrarre l’infezione da COVID-19”. “Diabete ben controllato significa maggiori probabilità che l’infezione da COVID-19 abbia un decorso meno problematico – aggiunge il professor Agostino Consoli, presidente eletto della SID –Lo scompenso glicemico aumenta invece purtroppo la possibilità che l’infezione da COVID-19 abbia esiti drammatici. Se è presente il diabete, doppie precauzioni ed attenzione massima a mantenere un buon controllo glicemico”.

Secondo Paolo Di Bartolo, presidente dell’Associazione Medici Diabetologi AMD “non dobbiamo spaventarci! Possiamo proteggerci non solo con l’uso costante della mascherina, mantenendo il distanziamento sociale, igienizziamo le mani ma anche e soprattutto facendo ogni sforzo per mantenere le glicemie ben controllate. Così vinceremo il nostro campionato!!”. “Sedentarietà e cattiva alimentazione sono i principali nemici del diabete – precisa Graziano Di Cianni, vicepresidente AMD – Anche se l’emergenza Covid ci impone di stare più tempo a casa, limitandoci negli spostamenti, non dimentichiamo l’importanza della prevenzione: mantenere un certo grado di attività fisica, stare attenti all’alimentazione ed evitare i maggiori fattori di rischio (abuso di alcol, fumo,…) aiuta tutti a stare meglio, sempre!”

Secondo la Lega Calcio si stima che gli italiani con diabete siano circa 4 milioni, mentre un altro milione di persone è affetto da questa condizione ma non lo ha ancora scoperto. Fondamentale per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, che è la forma più frequente, l’adozione di corretti stili di vita soprattutto sul versante della dieta e dell’attività fisica, che va svolta in maniera costante. L’endorsement del top del mondo del calcio è dunque particolarmente prezioso per aiutare a veicolare questi messaggi di salute.

Si stima che gli italiani con diabete siano circa 4 milioni, mentre un altro milione di persone è affetto da questa condizione ma non lo ha ancora scoperto. Fondamentale per la prevenzione e il trattamento del diabete di tipo 2, che è la forma più frequente, l’adozione di corretti stili di vita soprattutto sul versante della dieta e dell’attività fisica, che va svolta in maniera costante. L’endorsement del top del mondo del calcio è dunque particolarmente prezioso per aiutare a veicolare questi messaggi di salute.


LEGA SERIE A è da sempre vicina ad ogni iniziativa che contribuisca a ricordare come lo sport, uno stile di vita e di alimentazione sana aiutino a prevenire le malattie – specie quelle croniche – e restare in salute. Ancora di più in momenti drammatici come quelli che stiamo vivendo a causa del COVID-19 l’impegno della Lega Serie A è e sarà sempre al fianco di medici, infermieri e di quanti lavorano per la nostra salute. Indossiamo SEMPRE la mascherina e seguiamo SEMPRE la regola di mangiare sano e fare sport.

DECALOGO ‘COVID-19 E DIABETE’

I consigli della Società Italiana di Diabetologia e dall’Associazione Medici Diabetologi

Le persone che convivono con il diabete sanno bene quanto sia importante fare ancora più attenzione alla gestione della propria patologia se a questa se ne aggiunge un’altra di qualsiasi natura. Anche il COVID-19. In questo periodo di emergenza nazionale invitiamo i pazienti a mantenere la calma e a comportarsi come farebbero se, oltre al diabete, dovessero gestire una qualsiasi altra patologia o situazione particolarmente stressante. Queste le poche semplici regole, peraltro sempre valide durante la stagione influenzale, alle quali attenersi:

1. Mantieni un giusto livello di idratazione

2. Monitora con ancora maggior attenzione la glicemiae, in caso di terapia insulinica, anche i chetoni .

3.Misura regolarmente la temperatura.

4.Segui in maniera scrupolosa le indicazioni ricevute dal tuo medico diabetologo.

5..Non allarmarti oltre misura: i rischi di contrarre l’infezione da nuovo coronavirus per una persona con diabete non sono maggiori che per il resto della popolazione

6. Mantieni un buon controllo della glicemia perché, in caso di COVID-19, i rischi di complicanze e di esiti sfavorevoli sono maggiori nelle persone con diabete scompensato.

7.Indossa sempre la mascherina (tranne che a casa, in presenza dei familiari)

8. Lava o disinfetta spesso le mani.

9.. Mantieni le distanze con le altre persone

10.Arieggia spesso la casa o la stanza in ufficio.

Ufficio stampa Amd

Ufficio stampa Sid

Decifrata ‘firma immunitaria’ diabetici più a rischio Covid.

diabete e covid-19

Un prelievo sangue per predire pazienti che avranno forma grave.

Verso la possibilità di predire i pazienti diabetici più a rischio in caso di Covid: identificata, infatti, una firma immunitaria nei diabetici ricoverati per Covid che permetterebbe di prevedere il rischio individuale di finire in terapia intensiva. È il risultato di un lavoro pubblicato sulla rivista EMBO Molecular Medicine da ricercatori francesi dell’Inserm, dell’AP-HP e dell’Università di Parigi.
    Fin dai primi mesi della pandemia di Covid-19, il diabete di tipo 2 è stato identificato come un fattore di rischio per lo sviluppo di una forma grave della malattia e una maggiore mortalità. Capire il perché e identificare i biomarcatori per prevedere quali pazienti diabetici progrediranno verso una forma grave di Covid-19 che richiede la rianimazione è quindi una priorità per gestirli meglio e aumentare le loro possibilità di sopravvivenza.
    Il diabete di tipo 2 è caratterizzato anche da uno stato infiammatorio cronico, che porta al rilascio da parte del tessuto adiposo di molecole riconosciute come “segnali di pericolo” dal sistema immunitario. Di conseguenza la risposta immunitaria diviene eccessiva, portando a infiammazione dapprima localizzata e poi sistemica.
    Gli esperti francesi hanno sviluppato uno studio in ambiente ospedaliero condotto presso il “Centre Universitaire du Diabète et de ses Complications” con l’obiettivo di comprendere meglio il legame tra lo stato infiammatorio di soggetti con diabete e positivi al virus, e il rischio di sviluppare una forma grave di Covid-19. Gli scienziati hanno esaminato la risposta immunitaria di 45 pazienti ospedalizzati con Covid-19, 30 dei quali avevano il diabete di tipo 2. Tra i partecipanti a questo studio, il 35% dei pazienti diabetici ha sviluppato la malattia in forma grave che ha richiesto la rianimazione, rispetto al 25% dei non diabetici.
    I ricercatori hanno analizzato campioni di sangue di tutti i partecipanti e scoperto che i pazienti colpiti più gravemente (tutti, indipendentemente dal diabete) avevano un numero inferiore di linfociti (un tipo di cellula immunitaria) rispetto ai pazienti che non erano stati in terapia intensiva. In particolare, il team ha osservato un livello particolarmente basso di linfociti citotossici CD8+, cellule immunitarie particolarmente coinvolte nella risposta antivirale.
    Ma non è tutto, i pazienti diabetici in rianimazione hanno anche un livello più basso di ‘monociti’ (un altro tipo di globuli bianchi) nel sangue. Sono stati osservati anche cambiamenti nella morfologia di queste cellule immunitarie, che avevano una dimensione media maggiore rispetto a quelle dei pazienti non diabetici. Infine, i ricercatori hanno trovato una maggiore presenza di marcatori infiammatori, potenti molecole antivirali.
    Quindi, se i medici vedono una diminuzione dei monociti e un cambiamento di forma in queste cellule, hanno la possibilità di identificare i pazienti che richiederanno un ulteriore follow-up e potenzialmente un posto in rianimazione.
    “Questi risultati hanno una potenziale importanza clinica, se confermati in altre casistiche – sottolinea in un commento all’ANSA Francesco Purrello, diabetologo dell’Università di Catania e Presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID). Poter predire in tempo i pazienti diabetici a maggior rischio di decorso complicato ed esito infausto, ci permetterebbe di iniziare fin da subito cure aggressive per anticipare il peggioramento delle condizioni cliniche – continua. Va sottolineato che in tutte le casistiche mondiali, i pazienti con cattivo controllo della malattia (scarso compenso glico-metabolico) erano quelli con maggiore rischio di morte. I nostri sforzi quindi sono tesi da un lato a prevenire la malattia in questi soggetti “fragili”, dall’altro a individuare al più presto delle caratteristiche che ne indicherebbero una maggiore probabilità di complicanze”, conclude Purrello.

Leggi dalla fonte

Diabete autoimmune dell’adulto (LADA): arrivano le istruzioni per l’uso per questa forma di diabete misconosciuta.

• Pubblicato sulla rivista Diabetes il primo documento di consenso dedicato a questa forma di diabete autoimmune dell’adulto, ancora poco conosciuta e spesso scambiata per diabete di tipo 2

• Il LADA, che colpisce il 10-15% dei soggetti erroneamente diagnosticati come diabete di tipo 2, da oggi ha finalmente le sue linee di indirizzo per la diagnosi e il trattamento

• Determinante per la redazione del documento è stato l’apporto degli esperti italiani e del Progetto di ricerca NIRAD, finanziato dalla Fondazione Diabete Ricerca e dalla Società Italiana di Diabetologia e coordinato dalla professoressa Raffaella Buzzetti.

Per la maggior parte delle persone esistono solo due tipi di diabete, il tipo 1 che colpisce i giovani ed è una malattia autoimmune, e il tipo 2, molto più frequente (90-95% di tutti i tipi di diabete) che colpisce dalla mezz’età in avanti. Ma in realtà, anche se poco note ai più, esistono diverse altre varianti di questa malattia. Il 10-15% circa di soggetti con diagnosi di diabete mellito tipo 2, ad esempio, è in realtà affetto dal diabete cosiddetto ‘LADA’, un acronimo che sta per ‘diabete autoimmune dell’adulto’. “Si tratta – spiega la professoressa Raffaella Buzzetti , coordinatrice del progetto NIRAD ( Non InsulinRequiring Autoimmune Diabetes ) finanziato dalla ‘Fondazione Diabete e Ricerca’ della Società Italiana di Diabetologia (SID) e ordinario di Endocrinologia preso l’Università ‘La Sapienza’ di Roma – di una forma particolare di diabete che insorge in età adulta, ma riconosce una patogenesi autoimmune, simile al diabete tipo 1 ad insorgenza giovanile, in quanto determinato dalla distruzione delle cellule pancreatiche che producono insulina da parte del proprio sistema immunitario”.

A differenza del diabete di tipo 1 però il LADA ha una evoluzione più lenta; chi ne è affetto può arrivare alla terapia con insulina anche dopo molti anni dalla diagnosi. “Per porre diagnosi di LADA – prosegue la professoressa Buzzetti – cosa certamente rilevante in quanto il trattamento di questa forma di diabete è diverso da quello del diabete tipo 2, è necessario evidenziare la presenza degli autoanticorpi diretti verso le cellule pancreatiche che producono insulina (si fa attraverso un esame del sangue).

La caratterizzazione di questa forma di diabete è stata possibile negli ultimi anni anche grazie ai numerosi lavori scientifici pubblicati su riviste internazionali nell’ambito del progetto italiano NIRAD. Fino ad oggi non esistevano tuttavia linee guida dedicate a questa​forma di diabete ancora poco conosciuta. Una lacuna adesso colmata da una pubblicazione su Diabetes , organo ufficiale dell’ American Diabetes Association . “Un panel internazionale di esperti di diabete e metabolismo – spiega la professoressa Buzzetti, che è il primo autore del documento – ha siglato una consensus sulla terapia del LADA, pubblicata Diabetes . C’era assoluta necessità di fornire indicazioni precise circa la terapia di questa forma di diabete.

E’ molto importante porre una corretta diagnosi del tipo di diabete: in particolare, riconoscere il LADA in un soggetto precedentemente considerato affetto da diabete tipo 2, può comportare un cambiamento anche sostanziale della sua terapia che consentirà di ottenere un significativo miglioramento del controllo metabolico e di fare una corretta prevenzione delle complicanze croniche”. L’algoritmo proposto dagli autori della consensus , che si basa sulla valutazione della riserva insulinica del soggetto con diabete autoimmune, ottenibile con un semplice dosaggio su prelievo di sangue indirizza verso la terapia più appropriata.

“Attualmente – conclude la professoressa Buzzetti – sono molte le classi di farmaci a disposizione del diabetologo per la cura del diabete, ma soltanto una diagnosi precisa permette di prescrivere al paziente una terapia personalizzata. Nel caso del LADA, il trattamento prevede in una prima fase l’utilizzo di farmaci ipoglicemizzanti in grado di preservare la funzione delle cellule pancreatiche che producono insulina; sarà quindi necessario ricorrere alla terapia insulinica, il più precocemente possibile, qualora la funzione delle cellule beta pancreatiche risulti già compromessa. In questo modo sarà possibile prevenire le complicanze del diabete quali infarto, ictus, insufficienza renale”.

“ Aiutare e finanziare la ricerca in ambito diabetologico – afferma il professor Francesco Purrello , presidente della Società Italiana di Diabetologia (SID) – è una delle missioni principali della nostra società scientifica e della Fondazione Diabete Ricerca ad essa correlata, e il LADA è stato uno dei principali temi di ricerca finanziato da diversi anni. Questo ha consentito di creare una rete di centri di diabetologia sparsi nel territorio nazionale e coordinata dalla professoressa Buzzetti, che ha prodotto un enorme numero di dati clinici e scientifici. Un orgoglio per la SID avere contribuito in modo rilevante alle conoscenze attuali su questo tipo di diabete”.

Management of Latent Autoimmune Diabetes in Adults: A Consensus Statement From an International Expert Panel Raffaella Buzzetti , TiinamaijaTuomi , DidacMauricio , Massimo Pietropaolo , Zhiguang Zhou , Paolo Pozzilli , Richard David Leslie Diabetes 2020 Aug; dbi200017. https://doi.org/10.2337/dbi20-0017

Ufficio stampa Sid

Rinnovo dei piani terapeutici: la diabetologia favorevole a un ruolo attivo della medicina generale. #piani terapeutici.

L’ Associazione Medici Diabetologi (AMD) , la Società Italiana di Diabetologia (SID) e la Società Italiana di Endocrinologia (SIE) accolgono con favore la Determina AIFA che consente la prescrizione in rimborsabilità dei nuovi anticoagulanti orali anche da parte dei Medici di Medicina Generale . Le sottoscritte organizzazioni,rappresentanti della Diabetologia italiana, auspicano quanto prima il raggiungimento di una condizione analoga anche per quanto concerne i farmaci innovativi per la cura del diabete mellito

Nel periodo dell’emergenza Covid-19 appena trascorso, il rilascio dei Piani Terapeutici avrebbe comportato la presenza fisica dei pazienti presso gli ambulatori di Diabetologia, aumentando così il rischio di diffusione del contagio. Oggi l’opportunità che i Medici di Medicina Generale possano prescrivere in regime di rimborsabilità le terapie innovative per il diabete resta cruciale per tutte le ragioni che erano già valide prima della pandemia. Prima fra tutte la necessità di concorrere in modo sostanziale al superamento delle disparità di accesso ai farmaci innovativi ancora evidenti nel nostro Paese . Una non pari opportunità di cura, spesso su base regionale, che dipende non solo dalle differenti politiche di rimborso delle terapie adottate dalle singole Regioni, ma anche dall’impossibilità della prescrizione in regime di rimborsabilitàdei ‘nuovi’ farmaci da parte della Medicina Generale.

È fondamentale – proseguono AMD, SID eSIE– che i medici di famiglia “salgano a bordo” con un ruolo più attivo nella presa in carico della persona con diabete, secondo un nuovo modello di gestione integrata basato sul “triage della fragilità” della persona con diabete. Questo implica da un lato colmare il gap sul fronte dell’impiego di terapie che hanno fornito evidenze molto solide in merito alla loro efficacia e sicurezza nel migliorare gli esiti cardiovascolari e renali del diabete. Ciò implica anche, dall’altro lato, diventare sempre più parte attiva di quella rete clinica che, sfruttando al meglio gli strumenti innovativi sia farmacologici che telematici, renda più agevole e cost-effective la fruizione dell’assistenza specialistica da parte del paziente.

Il diabetologo e il medico di medicina generale saranno nodi imprescindibili di questa rete virtuosa – concludono le tre Società Scientifiche. Lo specialista diabetologo sarà il regista del percorso di cura, con il compito di inquadrare la persona con diabete alla diagnosi e l’incarico del periodico triage della fragilità, necessario per indirizzarla nel luogo di cura più appropriato ai suoi​ bisogni. Il Medico di Medicina Generale sarà il più vicino punto di riferimento per la persona con diabete quando il suo percorso terapeutico non preveda alta intensità di cura.

Ufficio stampa Amd

Uffcio stampa Sid

bisogni. Il Medico di Medicina Generale sarà il più vicino punto di riferimento per la persona con diabete quando il suo percorso terapeutico non preveda alta intensità di cura.